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Abbiamo cambiato le stagioni e adesso siamo tutti a rischio

Ricercatori americani hanno dimostrato che i gas serra rilasciati dalle attività umane in atmosfera hanno modificato sensibilmente i cicli stagionali, soprattutto nella troposfera delle aree temperate. In parole semplici, il divario tra caldo estivo e freddo invernale è sempre maggiore, con conseguenze imprevedibili sull’ambiente e su di noi.
A cura di Andrea Centini
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Le attività umane hanno modificato il naturale ciclo delle stagioni, aumentando il divario tra il caldo estivo e il freddo invernale. Il fenomeno risulta particolarmente significativo nelle aree temperate del nostro pianeta, dove questa differenza, già ampia in un contesto ‘sano', si è allargato a dismisura negli ultimi 40 anni a causa dei gas serra proiettati in atmosfera. Lo ha dimostrato un team di ricerca americano guidato da climatologi del Programma per la diagnosi e l'intercomparazione del modello climatico (PCMDI) presso l'autorevole Lawrence Livermore National Laboratory, che hanno collaborato con i colleghi delle università di Washington, Seattle, California, del NOAA e del MIT.

Gli studiosi, coordinati dal professor Benjamin D. Sander, capo ricercatore presso l'istituto di Livermore (California), hanno analizzato statisticamente i dati satellitari raccolti negli ultimi decenni su diversi parametri, come i record annuali delle temperature, la chimica di mari e oceani e lo scioglimento dei ghiacci nel continente artico. Inserendo queste informazioni con un sofisticato modello climatico, Sander e colleghi hanno osservato cambiamenti significativi nelle temperature della troposfera che abbraccia le aree temperate. La troposfera è la porzione di atmosfera più bassa, direttamente a contatto con la superficie terrestre, che si eleva per 8 chilometri ai poli e al massimo per 20 chilometri all'equatore. Essendo la più bassa, è quella più esposta all'impatto del fattore antropogenico, che gli esperti del clima chiamano “impronte digitali”.

Gli studiosi americani hanno osservato che, sebbene il riscaldamento globale sia un fenomeno a livello planetario, come suggerisce il nome stesso, nella troposfera delle aree temperate le estati si stanno riscaldando più velocemente degli inverni, allargando la ‘forchetta' tra le basse temperature invernali e quelle alte della bella stagione. Ciò produce effetti ben visibili anche sulla flora e la fauna; gli alberi, ad esempio, iniziano a fiorire prima del tempo, gli uccelli modificano le abitudini migratorie e la distribuzione delle popolazioni di animali selvatici tendono a spostarsi a latitudini più elevate, spesso trovando ‘refrigerio' ad alte quote.

Sander paragona questa variazione nei cicli stagionali come una sorta di onda marina, che negli ultimi 40 anni si è abbattuta sulla Terra con un'intensità sempre crescente. Nonostante ci sia molto scetticismo sui cambiamenti climatici, soprattutto negli USA dove l'amministrazione Trump ha deciso di non sottostare agli Accordi di Parigi sul clima del 2015, secondo gli studiosi ci sono soltanto 5 probabilità su un milione che i cambiamenti in atto possano avvenire in modo del tutto naturale, senza intervento dell'uomo. Le conseguenze del riscaldamento globale sono tutte da valutare, ma inondazioni, siccità, crisi alimentari e migratorie rappresentano le principali preoccupazioni per gli scienziati. I dettagli dello studio americano sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica Science.

[Credit: Tumisu]

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