5 ricerche scientifiche che svelano le potenzialità degli studi sulle proteine
Le frontiere mediche sono ampie, e potenzialmente infinite le porte aperte da ogni avanzamento della ricerca. Una sintesi di questo fronte mobile e rassicurante di conoscenza la possiamo trovare rappresentata questi giorni a Napoli. La città partenopea ospita Futuro Remoto, la manifestazione di divulgazione scientifica aperta al pubblico dal 16 al 19 ottobre, ma che il 15 presenta se stessa in una conferenza inaugurale (alle 18.30 a Città della Scienza) di Alessio Figalli, brillante matematico trentunenne, docente dell’Università del Texas. Tra gli altri appuntamenti di interesse l’incontro con Fiorenzo Omenetto, della Tufts University di Medford,USA, sul tema ‘materiali viventi per il futuro’ che si terrà domenica 18 ottobre. Ancor prima il tema delle frontiere mediche sarà anticipato dal dibattito che si terrrà dalle 10 alle 12 del 15 ottobre nella Sala Comencini di Piazza Trieste e Trento a Napoli su cosa siano le proteine e perché la ricerca scientifica si stia concentrando su queste molecole. Vediamo di seguito alcuni ambiti di ricerca sul tema.
Una barriera a supporto del sistema immunitario
Le proteine svolgono, a seconda della tipologie, diverse funzioni. Possono trasportare o proteggere, identificare l’identità genetica od ormonale e possono, in sintesi, aggredire il sistema immunitario o “aiutarlo”. Un recente studio britannico ha posto l’attenzione su una proteina che contribuisce alla proliferazione deii linfociti T CD8 citotossici. Un esperimento condotto su topolini di laboratorio ha dimostrato che un’accresciuta concentrazione di questi linfociti ha reso le cavie più resistenti ad infiammazioni e tumori. Poter intervenire sulla proteina che ne stimola la produzione ci potrebbe dunque rendere più “forti”.
Una proteina contro l’epilessia
Le proteine possono essere all’origine di gravi malattie del sistema nervoso, come quella della “mucca pazza” o di Creutzfeldt-Jackob negli esseri umani, oppure possono proteggerlo. Si tratta di un terreno scientifico estremamente incerto, su cui la comunità di studiosi esprime ancora pareri configgenti. Uno studio condotto da Giuseppe Legname, professore presso Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste (Sissa), ha analizzato il rapporto tra proteine cellulari (PrPC) ed epilessia. Nelle cavie in cui era stata inibita la produzione di PrPC, le crisi epilettiche erano più frequenti.
Il gene, la proteina e l’infiammazione
Tra un’invenzione in campo medico e la sua commercializzazione passa molto tempo, poiché è necessario portare a conclusione lunghi e complessi test clinici e attendere poi i risultati e le possibile controindicazioni. Ecco perché sono passati quasi vent’anni da quando Alberto Mantovani, direttore scientifico dell’Istituto Humanitas di Milano, inventò una cura anti-cancro basata sulla proteina prodotta dal gene Ptx3. Pochi mesi fa quell’invenzione è diventata farmaco che interviene laddove il gene in questione non riesca a stimolare una quantità sufficiente di proteina preposta allo spegnimento di un’infiammazione, che può appunto tramutarsi in neoplasia.
La proteina “responsabile” del diabete alimentare
Dicevamo che una proteina può essere anche all’origine di un danno ed è questo il caso di P66Shc. Si tratta di una proteina presente soprattutto nel’olio di palma, ma anche, in misura ridotta, in burro e formaggi. Secondo una ricerca dell’Università di Bari, alte concentrazioni di P66Shc sono correlate ad un aumento della morte cellulare programmata delle cellule, quelle in cui si produce insulina.
La proteina dell’alga e la vista
Dopo le ricerche condotte sugli animali, l’alga sarà “posata” sull’uomo. Di recente la Food and Drug Administration ha dato l’assenso affinché la RetroSense, un'azienda specializzata nel settore delle biotecnologie, possa testare una proteina per la cura della retinite pigmentosa, una malattia genetica che causa cecità. La proteina in questione è la Channelrhodopsin-2 e viene estratta da un’alga, la Chlamydomonas reinhardtii. Grazie allo studio di RetroSense, una proteina potrebbe “accendere” la vista e far arrestrare il buio.