410 specie di animali a rischio infezione da coronavirus: molte sono minacciate di estinzione
Grazie a un'approfondita analisi genomica è stato dimostrato che 410 specie di animali – tutti vertebrati – sono potenzialmente suscettibili all'infezione da coronavirus SARS-CoV-2, il patogeno responsabile della pandemia che ha messo in ginocchio il mondo intero. Sapere quali sono le specie a rischio e definire una scala delle più o meno esposte può aiutare gli esperti a promuovere misure che tutelino la salute degli animali e quella delle persone.
A calcolare questa cifra è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell'Università della California di Davis, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi della School of Biology and Environmental Science dell'Università di Dublino (Irlanda); del Cancer Program del Massachusetts Institute of Technology (MIT) e dell'Università di Harvard; del Max Planck Institute of Molecular Cell Biology and Genetics di Dresda (Germania); del San Diego Zoo Institute for Conservation Research e di numerosi altri istituti sparsi per il mondo.
Gli scienziati, coordinati dalla professoressa Joana Damas, docente presso il The Genome Center dell'ateneo californiano, sono partiti dalla premessa che il coronavirus sfrutta la proteina S o Spike per legarsi al recettore ACE2 delle cellule umane, distruggere la parete cellulare, introdurre all'interno l'RNA virale, dare il via al processo di replicazione e dunque all'infezione (COVID-19). L'ACE2 (enzima di conversione dell'angiotensina-2) è presente in molte tipologie di tessuti e cellule, come quelle del naso, dei polmoni e dell'intestino, e il suo legame con la proteina S è associato all'interazione con 25 specifici amminoacidi.
Damas e colleghi attraverso un'analisi genomica sono andati a indagare quante di queste sequenze di amminoacidi si trovano anche nel recettore ACE2 dei vari animali, e incrociando i dati hanno potuto stilare un elenco di quelle esposti (410), oltre a una scala del rischio. Le specie con un profilo molecolare più affine a quello umano sono stati considerati più suscettibili, mentre quelle con meno residui delle 25 sequenze amminoacidiche sono state ritenute più protette. In base ai dati è emerso che tra le specie più a rischio figurano i grandi primati non umani come gorilla, scimpanzé, gibboni e oranghi, ma anche mammiferi marini alla stregua di balene e delfini. Nella fascia del rischio medio sono stati inclusi gatti, mucche, pecore, capre e grandi felini, mentre in quella a basso rischio cani, cavalli, maiali ed elefanti. Tra chi rischia meno ci sono coccodrilli e corvi americani. Circa il 40 percento delle specie identificate dai ricercatori è classificata come minacciata nella Lista Rossa dell'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), e alcune di esse sono addirittura in pericolo critico, come il gorilla di pianura occidentale (Gorilla gorilla gorilla).
Poiché negli animali il coronavirus SARS-CoV-2 potrebbe prendere altre “strade” per infettare l'ospite, gli scienziati sottolineano che i risultati dello studio osservazionale vanno letti con cautela; dovranno infatti essere necessariamente suffragati da indagini ad hoc più approfondite. “Ci auguriamo che i risultati della ricerca ispirino pratiche per tutelare la salute umana e animale durante la pandemia”, ha dichiarato in comunicato stampa il coautore dello studio Harris Lewin. I dettagli della ricerca “Broad host range of SARS-CoV-2 predicted by comparative and structural analysis of ACE2 in vertebrates” sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica PNAS.