33enne contagiato due volte dal coronavirus: è il primo caso ufficiale di reinfezione
Documentato il primo caso ufficiale di reinfezione da coronavirus SARS-CoV-2, una diagnosi estremamente significativa nell'ottica della lotta alla pandemia. Significa infatti che a pochi mesi di distanza da una prima infezione – nel caso specifico quattro – è possibile sperimentare un secondo contagio, con tutto ciò che ne consegue in termini di protezione immunitaria. A questo punto c'è apprensione anche sulla durata dell'efficacia di un potenziale vaccino, tenendo presente quanto poco può durare lo “scudo” offerto dagli anticorpi.
A certificare il primo caso di reinfezione sono stati gli scienziati dell'Università di Hong Kong, citati dal New York Times e dalla versione in inglese del thejapantimes. Il protagonista della vicenda è un giovane di 33 anni, che lo scorso aprile risultò positivo al tampone rino-faringeo eseguito nella regione amministrativa speciale della Cina. Durante la prima infezione sperimentò sintomi lievi e guarì rapidamente. Recentemente è rientrato da un volo dalla Spagna, e al tampone di routine eseguito in aeroporto è risultato nuovamente positivo. In questo caso però il giovane è del tutto asintomatico, cioè non presenta alcun sintomo ascrivibile all'infezione (tosse, febbre, problemi gastrointestinali, difficoltà respiratorie e altro ancora).
In precedenza erano stati segnalati diversi presunti casi di reinfezione, ma come sottolineato alla BBC dall'infettivologa ed epidemiologa americana Maria Van Kerkhove, responsabile tecnica della risposta all'emergenza COVID-19 dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), si trattava di falsi positivi legati al processo di guarigione. “Mentre i polmoni guariscono, ci sono parti di questi organi – che sono cellule morte – che emergono. Sono frammenti di polmoni che si stanno effettivamente rivelando positivi, ma non è virus infettivo, non è una riattivazione, fa parte del processo della guarigione”, aveva aggiunto la scienziata. Nessuno dei presunti casi di reinfezione citati più volte è stato confermato da test rigorosi, come invece è avvenuto nel caso del trentatreenne di Hong Kong.
Analizzando le sequenze genetiche virali del secondo tampone e confrontandole col primo, gli scienziati cinesi si sono accorti che in Spagna il giovane è stato infettato da un ceppo diverso dal primo, una variante che sta circolando in Europa negli ultimi due mesi e appunto differente da quella che lo aveva colpito quattro mesi prima in patria. “I nostri risultati dimostrano che la seconda infezione è stata provocata da un nuovo virus che ha acquisito di recente, piuttosto che da una prolungata diffusione virale”, ha dichiarato il microbiologo clinico dell'Università di Hong Kong Kai-Wang To. L'aspetto positivo, hanno spiegato i ricercatori, risiede nel fatto che eventuali infezioni successive possono essere asintomatiche come in questo caso, forse proprio perché una certa immunità è stata garantita dagli anticorpi sviluppati durante la prima infezione, benché fosse coinvolto un ceppo diverso. “Prima di questo rapporto, in molti credevano che i pazienti COVID-19 guariti avessero l'immunità contro la reinfezione, tuttavia, ci sono prove che alcuni pazienti sviluppano un livello di anticorpi calante dopo pochi mesi”, hanno spiegato gli autori dello studio al thejapantimes.
I coronavirus responsabili del raffreddore causano reinfezioni in meno di un anno, ma gli scienziati speravano che la protezione degli anticorpi derivati dal SARS-CoV-2 potesse durare per alcuni anni, come evidenziato col SARS-CoV e col MERS-CoV, rispettivamente i coronavirus della SARS e della MERS. Prima di giungere a conclusioni affrettate, tuttavia, gli scienziati sottolineano che si è trattato di un singolo caso e che dunque servirà uno studio approfondito con molte più persone coinvolte, per “comprendere meglio la qualità e la durata della risposta anticorpale neutralizzante dei pazienti guariti a SARS-CoV-2”, come dichiarato dalla stessa Van Kerkhove. I dettagli del case report sul giovane di Hong Kong sono già stati accettati per la pubblicazione sulla rivista scientifica specializzata Clinical Infectious Diseases.