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Divora il figlio morto, il dramma di Evalyne, mamma macaco salvata in Italia

Il comportamento è stato osservato per la prima volta nel macaco di Tonkean, una specie endemica dell’isola di Sulawesi. La storia si è consumata nel Parco Faunistico del Piano dell’Abatino, in Italia.
A cura di Andrea Centini
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Evalyne, un macaco di Tonkean (Macaca tonkeana), ha accudito per settimane il figlio morto e ne ha mangiato la carcassa dopo il processo di mummificazione, che in qualche modo avrebbe prolungato l'attaccamento materno allo sfortunato piccolo. Si tratta di un comportamento mai osservato in precedenza in questa specie, che getta nuova luce sull'approccio alla morte – e sulla sua consapevolezza – da parte dei primati. Il cannibalismo, del resto, è ben documentato in altre specie di scimmie, come ad esempio scimpanzé e babbuini, ma si tratta di animali che si nutrono anche di carne, mentre i macachi di Tonkean, endemici dell'isola di Sulawesi (Repubblica Indonesiana), sono fondamentalmente frugivori, ovvero mangiano frutta.

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La storia ha avuto luogo presso il Parco Faunistico del Piano dell'Abatino, una struttura sita in Italia a Poggio San Lorenzo, in provincia di Rieti. Si tratta di un vero e proprio rifugio – centro di recupero o permanente – per animali esotici, vittime del commercio illegale, legale e di altre forme di sfruttamento. Fra essi vi è anche la protagonista della triste vicenda, una femmina di quattro anni appartenente a un gruppo di 42 macachi. Dopo aver dato alla luce il piccolo il suo comportamento è risultato perfettamente nella norma, prevedendo ad esempio le cure parentali come il ‘grooming', la pulizia dai parassiti. La mattina del quinto giorno, tuttavia, il figlio è deceduto. Da quel momento i primatologi del parco, coordinati dalla biologa evolutiva Arianna de Marco, hanno iniziato a osservare un repentino cambiamento nel comportamento di Evalyne.

Nei primi due giorni dopo il decesso la femmina è apparsa molto nervosa, urlando persino verso la propria immagine riflessa su una porta in plastica. Nonostante l'alterazione, ha continuato a trasportare e ad accudire il figlio, tenendolo in grembo e continuando a praticargli il grooming. Da un punto di vista umano è possibile percepire una sorta di manifestazione del dolore e la mancata accettazione della morte, come osservato recentemente anche in una femmina di delfino tursiope, tuttavia non si può escludere che Evalyne possa non aver compreso la reale sorte del figlio.

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A causa della progressiva essiccazione, il corpo del piccolo si è completamente mummificato all'ottavo giorno, ma Evalyne ha continuato ad accarezzarlo, tenerlo sul ventre e ad accudirlo come nei giorni precedenti, prestando particolare attenzione alla testa e al volto. Durante la seconda settimana la scimmia ha iniziato a portare il piccolo verso la sua bocca. Al 14° giorno, a causa del deterioramento, il cranio si è staccato.

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All'inizio della terza settimana il corpo era ancora quasi completamente integro, tuttavia ha cominciato rapidamente a “disintegrarsi” ed Evalyne ha iniziato ad averne meno cura, facendo grooming e portandolo al ventre con molta meno frequenza. Gli altri esemplari del gruppo non sono mai apparsi particolarmente ‘interessati' al cucciolo morto, eccezion fatta per un'altra femmina che si è avvicinata una volta per annusarlo.

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A partire dal 19° giorno la dottoressa de Marco e colleghi hanno osservato ciò che non si sarebbero mai aspettati. La femmina ha infatti iniziato a mangiucchiare alcune parti della carcassa, che al 22° giorno risultava essere totalmente disintegrata. Evalyne ne portava sempre un pezzo in bocca o in una mano. Al 25° giorno aveva finito di divorare i resti del piccolo, lasciandone soltanto un osso.

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Ciò che ha spinto Evalyne a comportarsi in questo modo con i resti del figlio non è chiaro, tuttavia i ricercatori ipotizzano che, nel momento in cui ha iniziato a mangiarli, probabilmente aveva già perduto una rappresentazione di ciò che avesse per le mani. Nonostante l'eccezionalità dell'evento, i cui dettagli sono stati pubblicati sulla rivista Primates, per de Marco e colleghi potrebbe inoltre trattarsi di un comportamento “raro ma normale” in questi macachi. La storia ricorda in alcuni aspetti quella di un gruppo di langur grigi, che ha accudito per diversi giorni un “cucciolo robot” di una troupe televisiva creduto morto.

[Fotografie di Arianna de Marco]

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