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Covid 19

Vietare i viaggi non limita la diffusione del coronavirus quanto le restrizioni locali

Grazie a un modello matematico calibrato sui dati della prima ondata di contagi da coronavirus SARS-CoV-2 verificatasi in Italia, un team di ricerca guidato da scienziati del Politecnico di Torino e dell’Università di New York Tandon ha determinato che limitare i viaggi è efficace soltanto nella prima fase della pandemia. Le misure che colpiscono le attività sociali hanno un impatto maggiore e devono essere rimosse gradualmente per evitare un’altra ondata.
A cura di Andrea Centini
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Vietare i viaggi ha un effetto limitato nel contrastare la diffusione del coronavirus SARS-CoV-2 nelle comunità se confrontato alle misure che tendono a colpire l'attività sociale del singolo e la rete dei contatti, come ad esempio la chiusura di attività non essenziali e il distanziamento. Le limitazioni alla mobilità personale risultano efficaci soltanto nella prima parte della pandemia, ma tendono a ridursi “in proporzione alla diffusione dell'infezione in una popolazione”.

Sono le conclusioni cui è giunto uno studio internazionale guidato da scienziati italiani della Scuola di Ingegneria dell'Università di New York “Tandon” e del Dipartimento di Elettronica e Telecomunicazioni del Politecnico di Torino, che hanno collaborato con un collega della Facoltà di Scienze e Ingegneria dell'Università di Groningen (Paesi Bassi). Gli scienziati, coordinati dai ricercatori Maurizio Porfiri e Alessandro Rizzo, hanno determinato l'impatto limitato delle restrizioni alla mobilità grazie a un sofisticato modello matematico, che è stato plasmato sui dati della prima, catastrofica ondata verificatasi in Italia.

“Ad oggi – hanno scritto gli scienziati nel proprio studio – l'unico mezzo efficace per rispondere alla diffusione della pandemia di COVID-19 sono gli interventi non farmaceutici (NPI), che comportano politiche di riduzione dell'attività sociale e limitazioni alla mobilità. Quantificare il loro effetto è difficile, ma è fondamentale per ridurre le conseguenze sociali ed economiche”. Per capire quanto effettivamente le restrizioni ai viaggi e quelle alle altre libertà personali possano influire sulla diffusione del virus, gli scienziati hanno messo a punto un modello di meta-popolazione basato su reti temporali, che come indicato “calibrato” sui dati della prima ondata epidemica italiana.

Grazie a questo modello, Porfiri, Rizzo e i due colleghi Francesco Parino e Lorenzo Zino hanno determinato che l'efficacia delle limitazioni alla mobilità “dipendono in gran parte dalla possibilità di attuare tempestivamente gli interventi non farmaceutici nelle prime fasi dell'epidemia, mentre le politiche di riduzione dell'attività sociale dovrebbero essere prioritarie in seguito”. In altri termini, fermare i viaggi all'inizio e puntare sulle altre restrizioni, che restano la via maestra da perseguire nella seconda fase di contrasto. In base ai calcoli, è emerso che le limitazioni agli spostamenti all'inizio della pandemia hanno avuto un particolare beneficio per le regioni meridionali (lontane dal focolaio iniziale nel Nord Ovest), avendo determinato una riduzione stimata dei decessi del 12 percento. Gli scienziati hanno anche osservato che per evitare un'altra ondata di contagi, restrizioni come il lockdown e le altre che limitano i contatti devono essere rimosse gradualmente, mentre la velocità con cui si rimuovono i divieti ai viaggi “non sembrano avere un grande effetto sulla trasmissione”. Porfiri e colleghi hanno inoltre scoperto che le misure selettive – come le restrizioni alle attività degli anziani – non comportano un beneficio significativo nella trasmissione del coronavirus.

Il modello matematico è stato “alimentato” con dati aggregati e disponibili pubblicamente, tra i quali informazioni demografiche e dati relativi agli spostamenti dei pendolari, così come quelli dei viaggiatori a lunga percorrenza. Com'è noto in Italia non sono in vigore sistemi di tracciamento come quelli utilizzati in Sud Corea e in altri Paesi asiatici, basati ad esempio sulla geolocalizzazione e simili, tuttavia ciò non ha rappresentato un limite nella modellazione. “Siamo particolarmente soddisfatti di questo modello, in quanto fornisce risposte molto dettagliate anche se si basa solo su fonti di dati aggregate – un'ulteriore garanzia della privacy delle persone”, ha dichiarato il dottor Rizzo in un comunicato stampa.

“Anche se questo progetto è stato incentrato specificamente sull'Italia, i risultati sono rivelatori praticamente per qualsiasi paese che fa affidamento alle restrizioni dei viaggi per arginare la diffusione della pandemia. Non vediamo l'ora di utilizzare i dati degli Stati Uniti per mettere a punto il modello e dare risposte specifiche per combattere questa fase delicata della pandemia”, ha aggiunto il dottor Porfiri. Naturalmente andrà valutato anche l'impatto delle varianti, che stanno modificando lo scenario pandemico in modo significativo. I dettagli della ricerca “Modelling and predicting the effect of social distancing and travel restrictions on COVID-19 spreading” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Journal of the Royal Society Interface.

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