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Verso il rene artificiale?

Utilizzando delle cellule embrionali di topo, i ricercatori del Mario Negri di Bergamo hanno creato in laboratorio nefroni in grado di svolgere alcune funzioni fisiologiche deputate alla filtrazione del sangue.
A cura di Redazione Scienze
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nefroni

Per il momento è soltanto un primo passo, per quanto significativo: ma uno sviluppo in questa direzione potrebbe costituire una vera svolta nel mondo della medicina, ragion per cui è legittimo augurarsi che siamo relativamente "vicini" alla messa a punto di un rene artificiale in grado di svolgere tutte quelle funzioni che, al momento, possono essere eseguite soltanto da una macchina esterna. In tutto il mondo, il 5-7% della popolazione è colpito da malattie renali croniche con il conseguente obbligo di sottoporsi alla dialisi e, quando se ne ha l'opportunità, di ricorrere al trapianto. Un'opportunità che non è affatto scontata, dal momento che le liste d'attesa sono ovunque assai più lunghe di quelle degli organi disponibili: per cui la ricerca e lo studio per la progettazione di un "rimedio alternativo" non sono mai stati abbandonati.

Oggi questo traguardo sembra essere meno distante, grazie al lavoro dei ricercatori del Centro Anna Maria Astori del Mario Negri di Bergamo che, in uno studio pubblicato dalla rivista specializzata Journal of the American Society of Nephrology, hanno spiegato nel dettaglio come le più recenti ricerche aprano a nuove prospettive ottimistiche per i pazienti affetti da insufficienza renale, offrendo nuovi e più efficaci strumenti in grado di comprendere e trattare le patologie a carico del rene. Per la prima volta al mondo, infatti, nei laboratori dell'istituto è stato possibile creare dei nefroni, le unità funzionali dei reni, partendo da singole cellule embrionali di topo: impiantati al di sotto della capsula renale, lo strato che avvolge l'organo allo scopo di proteggerlo da danni e traumi, i nefroni hanno dimostrato di essere in grado di svolgere alcune funzioni fisiologiche collegate alla filtrazione del sangue, tra cui la produzione di ormoni come l'eritropoietina, responsabile del meccanismo di regolazione nella produzione di globuli rossi.

Christodoulos Xinaris, a capo del team che ha svolto la ricerca, ha spiegato che questo risultato costituisce in assoluto un primato dal momento che, fino a prima di questo, partendo dalle cellule embrionali si era sempre rivelato impossibile riuscire a produrre tessuti in grado di maturare nella direzione di un organo funzionante: in assenza di vasi sanguigni quelle complesse strutture che sono i nefroni, infatti, non riuscivano a formarsi rendendo di fatto non realizzabile la creazione di un rene in grado di svolgere le sue naturali funzioni di filtrazione, riassorbimento e secrezione. In questo senso, dunque, l'obiettivo a lungo termine di riuscire, un giorno, a sostituire un rene danneggiato con uno creato in laboratorio sembra meno remoto. Inoltre, come ha sottolineato il direttore delle ricerche del Mario Negri di Bergamo, Giuseppe Remuzzi:

Il metodo messo a punto in questo studio offre nuove basi metodologiche per sviluppare la ricerca e per interessanti applicazioni terapeutiche. La tecnica, infatti, apre la strada a tecnologie che consentiranno di produrre nefroni umani da cellule del paziente stesso e di mimare mediante manipolazione genetica malattie renali umane per studiarne i complessi meccanismi e valutare in via preliminare l’attività dei farmaci, riducendo in questo modo la sperimentazione sugli animali.

Un gran bel risultato in ogni senso, dunque, con la speranza che sia, tuttavia, solo un ottimo inizio: pur nella consapevolezza che i tempi della scienza non possono essere celeri come vorremmo.

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