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Covid 19

Variante Delta scomparsa dal Giappone per possibile autoestinzione del virus: cosa significa

Gli scienziati dell’Istituto Nazionale di Genetica e dell’Università di Niigata sostengono che la variante Delta sia sparita dal Giappone per “autoestinzione”
A cura di Andrea Centini
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La variante Delta del coronavirus SARS-CoV-2 è rapidamente e misteriosamente scomparsa dal Giappone, dopo un drammatico boom di contagi verificatosi la scorsa estate. Tra i fattori che hanno contribuito alla riduzione delle infezioni vi sono sicuramente l'elevato tasso di vaccinazione – dopo un avvio a rilento – e le misure anti Covid, come il distanziamento sociale e le mascherine, tuttavia secondo un gruppo di scienziati dell'Istituto Nazionale di Genetica nipponico e dell'Università di Niigata la variante Delta potrebbe essere sparita a causa di un'altra ragione: un eccesso di mutazioni che l'avrebbe portata ad “autoestinguersi”. In altri termini, si sarebbe eliminata da sola in modo del tutto naturale. Com'è possibile? Ci sono speranze che ciò possa accadere anche altrove? Ecco cosa hanno scoperto gli scienziati giapponesi.

Innanzitutto è doveroso sottolineare che il coronavirus SARS-CoV-2 responsabile della pandemia di COVID-19 muta continuamente e naturalmente come gli altri patogeni. Lo fa a un ritmo di un paio di mutazioni al mese e, a causa della diffusione globale, ha dato vita a migliaia di nuovi lignaggi. Alcuni sono diventati varianti di preoccupazione (VOC), come la sopracitata variante Delta (B.1.617.2, ex seconda indiana), l'Alfa, la Beta e la Gamma, che possono essere più contagiose e/o aggressive; altri sono invece annoverati tra le varianti di interesse (VOI), finite nel mirino degli esperti ma non ancora considerate una minaccia concreta. Moltissimi altri ceppi derivati dal “virus di Wuhan” hanno sviluppato mutazioni del tutto irrilevanti; ciò si verifica nella stragrande maggioranza dei casi e non determina l'emersione di specifiche varianti da monitorare. In alcune circostanze fortunate, le mutazioni che si verificano naturalmente durante il processo di replicazione virale – sono di fatto errore di “fotocopiatura” da parte dell'enzima polimerasi – non risultano vantaggiose per il patogeno, ma controproducenti. In parole molto semplici, il sistema di replicazione può andare in tilt a causa di questi errori e il virus non riesce più a riprodursi. Ciò determina l'inevitabile scomparsa. Questo è ciò che sarebbe avvenuto in Giappone con la variante Delta, che dunque avrebbe continuato a mutare fino a "incepparsi".

“Se il virus fosse vivo e vegeto, i casi sicuramente aumenterebbero poiché l'uso delle mascherine e la vaccinazione non prevengono in alcuni casi le infezioni rivoluzionarie”, ha dichiarato al Japan Times il professor Ituro Inoue, docente presso l'Istituto Nazionale di Genetica nipponico. Il riferimento è al crollo dei contagi verificatosi dal picco verificatosi attorno al 20 agosto – con ben 24-25mila casi al giorno – ad oggi, con poche decine di nuove infezioni quotidiane. La media settimanale dei decessi è invece scesa a 3, contro gli oltre 60 del periodo del picco di agosto. Secondo gli esperti giapponesi, la variante Delta del SARS-CoV-2 avrebbe accumulato troppe mutazioni a carico di una proteina chiamata nsp14, che è responsabile della correzione degli errori di copiatura durante la replicazione virale. A causa di questo processo la “fotocopiatrice” virale si sarebbe inceppata portando il patogeno all'autodistruzione.

Mentre analizzavano l'impatto dell'enzima APOBEC3A diffuso nella popolazione asiatica (ma non in quella europea e africana) contro la proteina nsp14, essendo nota la sua capacità di attaccare i virus a RNA, gli esperti si sono accorti che la diversità genetica della variante Delta era sorprendentemente ridotta rispetto a quella della variante Alfa, che aveva guidato la terza ondata di contagi in Europa. Il professor Inoue e colleghi hanno scoperto che la variante Delta aveva subito una sorta di blocco evolutivo, a causa di un accumulo di mutazioni proprio sulla proteina nsp14. “Siamo rimasti letteralmente scioccati nel vedere i risultati”, ha affermato il professor Inoue al Japan Times. “La variante Delta in Giappone era altamente trasmissibile e teneva fuori altre varianti. Ma man mano che le mutazioni si accumulavano, crediamo che alla fine sia diventato un virus difettoso e non sia stato più in grado di creare copie di se stesso. Considerando che i casi non sono aumentati, pensiamo che a un certo punto a causa di tali mutazioni si sia diretto verso la sua estinzione naturale”, ha chiosato lo scienziato.

Se questo processo fosse confermato, è possibile che la variante Delta possa autoestinguesi anche in altri Paesi? Come specificato dal professor Inoue al quotidiano giapponese, un'estinzione naturale simile potrebbe verificarsi anche altrove, tuttavia sarebbe difficile da rilevare, poiché sembra che l'elevato numero di mutazioni osservate su nsp14 in Giappone sia sensibilmente ridotto all'estero (pur essendone state rilevate di significative in oltre venti Paesi). Per Inoue, comunque, le probabilità di una scomparsa della variante Delta al di fuori del Giappone “non sono zero”. Secondo lo scienziato nipponico, la sparizione del SARS-CoV (il virus responsabile della SARS) potrebbe essere stata legata proprio all'accumulo di mutazioni che ne hanno inceppato il processo di replicazione. Va ricordato che la variante Delta è solo uno dei tanti lignaggi del patogeno e, anche se dovesse sparire improvvisamente ovunque, ve ne sarebbero diverse altre pronte a soppiantarla. Non a caso molti esperti ritengono ormai che il coronavirus non sparirà più, ma si trasformerà in un patogeno endemico.

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