Uomo di Neanderthal, alla ricerca delle cause di un'estinzione
Il mosaico della storia dell'uomo di Neanderthal si arricchisce di nuove tessere, diventando ogni volta più completo ed in grado di fornire dettagliate spiegazioni su origini e cause del fenomeno che portò alla scomparsa dei nostri «cugini» di un tempo lontano: certamente non abbiamo, e forse mai avremo, la possibilità di conoscere i particolari di quel processo che, nell'arco di decine di migliaia di anni, fece dell'homo sapiens il «padrone assoluto» della superficie del pianeta a discapito del Neanderthal, il nostro simile riconoscibile da quella arcata sopracciliare sporgente e dal pronunciato prognatismo (e da moltissimi altri tratti fisici peculiari). In compenso, però, le indagini dei paleoantropologi sui resti di questi uomini, rinvenuti in numerose aree del territorio europeo inclusa l'Italia, vanno sempre più nella direzione di integrarsi con studi precedenti, in un quadro globale di quella che fu la parabola della loro specie.
Variabilità genetica e diffusione sul territorio – L'ultima ricerca sull'argomento proviene da un gruppo internazionale ed interdisciplinare di ricercatori che ha reso noti i risultati del proprio lavoro in un articolo pubblicato dalla rivista Molecular Biology and Evolution: attraverso l'analisi del DNA mitocondriale (trasmissibile per via materna) dei resti appartenenti a 13 individui Neanderthal, provenienti da Europa ed Asia, gli studiosi hanno cercato di disegnarne una possibile storia demografica. Giungendo ad una scoperta inaspettata: i soggetti più antichi, quelli vissuti prima di 50 000 anni fa, presentavano una variabilità genetica del tutto simile a quella riscontrabile oggi in un uomo moderno, mentre in quelli appartenenti ad epoche successive, incluse tra 48 000 e 36 000 anni addietro, la stessa variabilità genetica era talmente bassa da essere paragonabile ed addirittura inferiore a quella che attualmente si rileva in una popolazione piccola ed isolata, come ad esempio quella islandese. La conclusione dei ricercatori è che, sulla base di tale indagine statistica, si può dedurre che la popolazione neanderthaliana avesse subito una brusca contrazione nell'arco di una decina di migliaia di anni; così, quando i primi sapiens sarebbero giunti in Europa, 40 000 anni fa, si sarebbero trovati di fronte poche migliaia di individui, i superstiti di qualche grande evento che aveva travolto il pianeta. Ma di cosa si era trattato?
Mutamenti climatici e glaciazioni – Se, chiaramente, i Neanderthal non si sono estinti 50 000 anni fa, ai ricercatori appare tuttavia altamente probabile che un fenomeno riconducibile al cambiamento climatico possa aver profondamente influito sulla loro diffusione sul territorio, rendendoli così più vulnerabili rispetto ai nuovi venuti; sensibili ai mutamenti delle temperature, diminuirono di numero, dunque, forse a causa di un intenso picco glaciale. L'homo sapiens avrebbe infine portato al declino definitivo dell'intera specie attraverso modalità su cui, ancora oggi, gli scienziati discutono e dibattono: certamente un ruolo importante in questo processo lo avranno avuto le ibridazioni tra sapiens e Neanderthal, riconoscibili attraverso la presenza, nel patrimonio genetico dell'uomo contemporaneo, di una percentuale di materiale neanderthaliano Un'eredità che ancora oggi, portiamo con noi, ad eterna memoria di un passato antichissimo di cui poco possiamo conoscere e tantissimo vorremmo imparare.