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Una super foto di una remotissima culla di stelle

Le osservazioni effettuate grazie ad ALMA hanno consentito di rivelare un “anello di Einstein” e di ottenere una visione estremamente dettagliata della formazione stellare nell’Universo.
A cura di Nadia Vitali
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La regione attorno a SDP.81,fotografata da Hubble. Crediti: ALMA (NRAO/ESO/NAOJ)/Y. Tamura (The University of Tokyo)/Mark Swinbank (Durham University)
La regione attorno a SDP.81,fotografata da Hubble. Crediti:
ALMA (NRAO/ESO/NAOJ)/Y. Tamura (The University of Tokyo)/Mark Swinbank (Durham University)

Sul finire del 2014 le osservazioni dirette verso la galassia HATLAS J090311.6+003906, nota anche come SDP.81, hanno consentito di ottenere informazioni con una precisione senza precedenti. I dati, raccolti nell'ambito della campagna denominata ALMA Long Baseline, sono stati analizzati da sette diversi gruppi di scienziati e hanno consentito di rivelare dettagli relativi alla struttura, al contenuto, al moto e ad altre caratteristiche fisiche della galassia.

L’anello di Einstein

Gli scienziati hanno rilevato che la luce della galassia sembra risentire di un effetto cosmico che va sotto il nome di lente gravitazionale: una ulteriore grande galassia, che si trova tra SDP.81 e ALMA, giocherebbe il ruolo di una lente, distorcendo la luce della galassia più distante e creando così un esempio del fenomeno chiamato “anello di Einstein”.

La teoria della relatività generale di Albert Einstein prevede che gli oggetti curvino lo spazio e il tempo di modo che la luce che si avvicini alla zona di spazio-tempo curvato segua la stessa curvatura generata dall'oggetto. Nel caso di oggetti particolarmente massicci, quindi, abbiamo a che fare con lenti di ingrandimento cosmiche: un anello di Einstein sarebbe un tipo speciale di lente gravitazionale in cui la Terra, la galassia “vicina” e la galassia sullo sfondo sono perfettamente allineate, creando una distorsione armoniosa sotto forma di luce.

La galassia così "ingrandita" ci appare in un'epoca in cui l'Universo aveva solo il 15% dell'eta' attuale, ossia appena 2,4 miliardi di anni dopo il Big Bang: per raggiungerci, la luce ha impiegato 11,4 miliardi di anni, girando attorno alla galassia "vicina", cioè a quattro miliardi di anni luce.

Montaggio: del cielo della galassia fotografato da Hubble, dell'anello di Einstein, della risultante immagine ricostruita della galassia distante. Crediti:ALMA (NRAO/ESO/NAOJ)/Y. Tamura (The University of Tokyo)/Mark Swinbank (Durham University)
Montaggio: del cielo della galassia fotografato da Hubble, dell'anello di Einstein, della risultante immagine ricostruita della galassia distante. Crediti:
ALMA (NRAO/ESO/NAOJ)/Y. Tamura (The University of Tokyo)/Mark Swinbank (Durham University)

Zone di formazione stellare

Le immagini di SDP.81 ottenute grazie al radiointerferometro ALMA, dal deserto di Atacama in Cile, hanno una risoluzione maggiore di circa sei volte rispetto a quelle ottenute nell’infrarosso con il telescopio spaziale Hubble. Grazie a sofisticati modelli, gli astronomi hanno corretto le distorsioni prodotte dalla lente gravitazionale, indagando nella struttura interna di SDP.81, nelle sue nubi di polvere che – si pensa – contengono gas molecolare freddo dal quale nasceranno stelle e pianeti.

Il risultato sono state osservazioni nitide al punto da mostrare i nodi di formazione della galassia fino ad una dimensione di 200 anni luce: è la prima volta che un fenomeno del genere viene osservato a distanze così grandi, specificano dall’European Southern Observatory.

L'immagine della galassia ricostruita dai dati di ALMA è spettacolare. L'enorme area di raccolta di ALMA, la grande separazione delle antenne e l'atmosfera stabile sopra il deserto di Atacama contribuiscono a ottenere dettagli finissimi nell'immagine e negli spettri. Ciò significa che abbiamo ottenuto osservazioni molto sensibili e informazioni su come si muovono le diverse parti della galassia. Possiamo studiare galassie dall'altra parte dell'Universo che si scontrano e creano enormi quantità di stelle. Questo è proprio quello che ci vuole per farmi saltar giù dal letto al mattino! – Rob Ivison, Direttore Scientifico dell’ESO

Buchi neri remoti

Gli scienziati hanno notato che il gas della galassia ha un comportamento decisamente instabile, poiché grumi di gas collassano verso l’interno, pronti a diventare nuove immense regioni di formazione stellare. Inoltre, nel registrare l’effetto di lente, si sono resi conto che probabilmente questo indica la presenza di un buco nero supermassiccio al centro della galassia che fungerebbe da lente: se la parte centrale di SDP.81 è troppo debole per essere rilevata, questo indicherebbe che la galassia in primo piano contiene un buco nero supermassiccio dalla massa pari a oltre 200/300 milioni di volte quella del nostro Sole, spiegano gli esperti.

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