Scoperta italiana: una nuova sostanza in grado di bloccare i tumori
Un gruppo di ricercatrici dell'Istituto di biologia cellulare e neurobiologia del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibcn-Cnr) ha individuato un nuovo possibile approccio terapeutico per la cura del cancro: partendo da studi già condotti in precedenza, ha lavorato sulla riattivazione della proteina p53, il cui ruolo, nella proliferazione delle cellule tumorali, è già noto alla scienza.
Questo soppressore tumorale, infatti, risulta inattivo in quasi tutti i tumori umani: poiché la sua principale funzione è quella di stroncare i tumori nascenti, nel momento in cui la neoplasia si è sviluppata, "si spegne". Non a caso la proteina p53 viene anche indicata come "guardiano del genoma", vista la sua importanza nel preservarne la stabilità attraverso la prevenzione delle mutazioni.
Grazie a tecniche di biologia molecolare e cellulare è stata individuata una sostanza (un peptide) in grado di riattivare il soppressore tumorale p53, portando alla morte le cellule cancerose. In sintesi, questo peptide riesce ad annullare la collaborazione tra gli inibitori MDM4 e MDM2 che disattivano p53 rendendolo inefficace. – Fabiola Moretti dell’Ibcn-Cnr, a capo del gruppo di ricerca
La strategia sembrerebbe ben tollerabile anche dai tessuti sani: questo apre alla possibilità dei nuovi studi che saranno comunque necessari per rendere tale peptide un vero farmaco. Farmaco che lavorerebbe diversamente rispetto alle terapie sviluppate fino ad oggi per riattivare p53 nei tumori che, oltre ad evidenziare una forte tossicità in una di queste terapie, non sono in grado di bloccare in maniera simultanea i due inibitori.
Il lavoro è stato pubblicato da Cencer Research ed è stato realizzato grazie al supporto dell’Associazione italiana per la ricerca sul cancro (Airc) e del progetto Cnr-ministero dell’Economia e finanza "FaReBio di qualità", con la collaborazione dell’Università di Perugia, dell’Università Cattolica di Roma, dell’Istituto Regina Elena di Roma, dell’Istituto europeo per la ricerca sul cervello (Ebri)-Rita Levi Montalcini e dell’Università di Leuven in Belgio