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Una norma anti-Covid può aver ridotto i fattori di rischio dell’infarto

Lo suggerisce uno studio pubblicato sul Journal of Internal Medicine che ha evidenziato un nesso tra il calo delle procedure ospedaliere per infarto e la riduzione degli spostamenti per la pandemia di Covid.
A cura di Valeria Aiello
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Le strade di Stoccolma durante la pandemia di Covid
Le strade di Stoccolma durante la pandemia di Covid

Una delle misure per contrastare la pandemia di Covid-19 può aver ridotto i fattori di rischio dell’infarto. Lo suggerisce un nuovo studio pubblicato sul Journal of Internal Medicine che ha evidenziato un nesso tra il calo degli accessi negli ospedali della Svezia per angiografie cardiache e quella che, diversamente dal resto d’Europa, nel Paese scandinavo è stata introdotta come una raccomandazione, con le autorità sanitarie che hanno consigliato alle persone di età superiore ai 70 anni di restare a casa. “Si tratta di un’analisi statistica, quindi un legame causa-effetto non può essere determinato direttamente, ma ha identificato una serie di associazioni interessanti” ha detto Chris Gale, professore di Medicina cardiovascolare presso l’Università di Leed, nel Regno Unito, tra gli autori dell’indagine che per prima ha utilizzato i dati sulla mobilità ottenuti dai dispositivi mobili per spiegare come le norme anti-Covid, anche se sotto forma di indicazioni nella prima ondata pandemica svedese, abbiano influito sui fattori di rischio di infarto nella popolazione.

Nel dettaglio, lo studio ha indicato un’associazione tra il calo del 38% di sindromi coronariche acute (ACS) e un aumento del 10% delle attività svolte intorno alle aree residenziali, mettendo in evidenza che a un aumento del 10% delle attività ricreative e della vendita al dettaglio era invece associato un aumento del 15% dei casi di infarto e angina. In altre parole, quando i dati sulla posizione indicavano che le persone facevano acquisti o erano fisicamente attive, proporzionalmente aumentava il numero di presenze presso le unità cardiache. Un nesso che ha portato gli studiosi ha ritenere che, sebbene la Svezia non fosse in lockdown, la raccomandazione di rimanere a casa possa aver determinato una riduzione dei fattori di rischio noti per gli attacchi di cuore, come stress, attività fisica intensa, inquinamento atmosferico e esposizione a virus.

Le conclusioni della ricerca non hanno mancato di sollevare qualche critica dal momento che in molti ritengono che le persone possano non aver richiesto cure mediche di emergenza per paura di contrarre l’infezione da coronavirus negli ospedali o per non pesare sul servizio sanitario già sotto pressione. Considerazioni cui i ricercatori hanno risposto indicando che in Svezia non ci sono prove di carenza di letti, maggiore mortalità per malattie cardiache o cambiamenti nella qualità di cure negli ospedali. “L'autoisolamento, il lavoro da casa e le attività ricreative meno rigorose possono aver portato a una diminuzione dello stress e della sindrome cardiaca acuta indotta dallo sforzo negli individui a rischio e possono forse spiegare il declino dell'incidenza di infarto miocardico poiché l’associazione tra stress psicologico, sforzo fisico e incidenza di infarto miocardico è ben stabilita” indicano gli studiosi.

Inoltre, messaggi sulla corretta igiene delle mani e il distanziamento interpersonale possono aver ridotto la diffusione di altre malattie respiratorie, come l’influenza, che possono portare a problemi cardiaci. “I risultati forniscono una prima visione di come i dati provenienti da dispositivi mobili possano fornire una misura rapida di come il comportamento della popolazione possa cambiare e di come questi possano aumentare l’incidenza delle patologie, consentendoci di prevedere il livello dei futuri ricoveri – ha aggiunto il dottor Moman Mohammad dell’Università di Lund, in Svezia, che ha guidato l’analisi – . Sappiamo che un ictus può essere provocato dagli stessi fattori che scatenano un attacco di cuore. E anche in questo caso, durante la prima ondata della pandemia, ci sono prove che il numero di persone colpite da un isctus è diminuito”.

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