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Covid 19

Una mutazione del coronavirus ha reso la pandemia di Covid più difficile da fermare

La conferma arriva da nuovi studi che dimostrano come la mutazione D614G che si è verificata all’inizio della pandemia abbia reso il virus più contagioso, accrescendo significativamente la sua velocità di replicazione e aumentando la capacità dei virioni di legare il recettore cellulare ACE2.
A cura di Valeria Aiello
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Una precoce mutazione genetica di Sars-Cov-2, nota come D614G, ha permesso al nuovo coronavirus di diffondersi più facilmente da persona a persona, rendendo la pandemia più difficile da fermare. La conferma arriva da nuovi studi scientifici, tra cui un’attenta analisi genetica delle epidemie e prove di laboratorio su criceti e tessuti polmonari umani, che supportano la tesi secondo cui la variante mutata abbia avuto un netto vantaggio in termini di diffusione, trasmettendosi con maggiore facilita da persona a persona rispetto alla variante originale (wild-type) isolata a Wuhan, in Cina.

Come si è diffusa la variante mutata di Sars-Cov-2

La variante mutata di Sars-Cov-2, individuata per la prima volta nella Cina orientale nel mese di gennaio, è quella che si è poi diffusa maggiormente in Europa e negli Stati Uniti ed è stata di fatto in grado di soppiantare la variante originale. L’analisi della sua espansione a livello globale è stata descritta in uno studio in preprint su BioRxiv da un gruppo di ricercatori della Facoltà di Scienze Biologiche dell’Universidad Ricardo Palma di Lima, in Perú.

La mutazione 614G, individuata per la prima volta in Cina orientale nel mese di gennaio, si è diffusa rapidamente in tutto il mondo, sostituendo le altre varianti / Fonte: Santiago Justo Arévalo
La mutazione 614G, individuata per la prima volta in Cina orientale nel mese di gennaio, si è diffusa rapidamente in tutto il mondo, sostituendo le altre varianti / Fonte: Santiago Justo Arévalo

La mutazione D614G rende Sars-Cov-2 più contagioso

Ad oggi, non ci sono prove che la variante mutata del coronavirus provochi una malattia più grave o stia complicando lo sviluppo dei vaccini. D’altra parte, il cambiamento nel genoma del virus, che si è scoperto interessare la porzione che codifica per la proteina S o Spike, quella che permette al patogeno di legarsi al recettore Ace2 delle cellule umane per penetrare al loro interno, ha dimostrato di rendere il nuovo coronavirus più contagioso, accrescendo la sua velocità di replicazione e aumentando la capacità dei virioni di legare il recettore cellulare Ace2.

Questi in sintesi i risultati di un nuovo studio pubblicato su Science da un gruppo di ricercatori guidato dal dottor Ralp S. Baric del Dipartimento di Microbiologia e Immunologia della Carolina del Nord, negli Usa, che ha descritto come la variante D614G si trasmetta “molto più velocemente e in maniera più competitiva rispetto al virus wild-type”. Nello specifico, i ricercatori hanno testato l’efficienza di infezione in vivo, valutando la trasmissione in modelli animali e osservando che i criceti esposti alla variante mutata si sono infettati più velocemente di quelli esposti al virus wild-type.

Risultati confermati dalle prove condotte in vitro su tessuti polmonari umani e supportati anche dalle conclusioni di un ulteriore studio condotto sempre sui criceti, i cui dati sono in attesa di revisione su BioRxiv. Questi ultimi indicano che l’infezione causata dalla variante con mutazione D614G determina “una maggiore carica virale nel tratto respiratorio superiore” da cui può dunque derivare la maggiore trasmissione, supportando inoltre la tesi secondo cui la mutazione non ridurrebbe l’efficacia dei vaccini contro Covid-19.

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