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Una galassia solitaria

Si chiama WLM e si è sviluppata lontana dall’influsso delle altre galassie.
A cura di Nadia Vitali
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Credit: ESO
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Se ne sta isolata e in disparte, benché sia considerata parte del Gruppo Locale, ossia di quelle decine di galassie delle quali fa parte anche la nostra Via Lattea: il suo nome è Wolf-Lundmark-Melotte, WLM in breve, ed è talmente piccola ed isolata che probabilmente non ha mai interagito con le altre galassie del Gruppo Locale e, probabilmente, con nessun'altra galassia nella storia dell'Universo. A fotografarla in tutta la sua straordinaria solitudine è stato lo strumento OmegaCAM montato sul telescopio di 2,6 metri VST (VLT Survey Telescope) dell'ESO, in Cile.

Scoperta nel 1909 dall'astronomo Max Wolf, e solo più tardi identificata come galassia dagli astronomi Knut Lundmark e Philibert Jacques Melott, WLM è un fioco oggetto posto in direzione della Costellazione della Balena, a circa tre milioni di anni luce dalla Via Lattea. È classificata come una galassia nana irregolare, a causa delle sue ridotte dimensioni e dell'assenza di una struttura precisa, ed include, nei suoi 8000 anni luce, anche un alone di stelle molto vecchie già scoperte nel 1996.

Per gli astronomi è il corrispettivo galattico di una tribù che non ha mai avuto contatti con altri uomini: si pensa, infatti, che le galassie composite più grandi siano il frutto dell'interazione gravitazionale di galassie relativamente piccole e primordiali che, nel corso di miliardi di anni, si sono fuse dando vita alle grandi galassie spirali ed ellittiche che popolano l'Universo moderno. Un po' quello che è accaduto con le popolazioni umane che, nell'arco di migliaia di anni, si sono spostate e mescolate creando insediamenti sempre più grandi. In quest'ottica, WLM è cresciuta da sola, lontana dalle popolazioni stellari e dalle altre galassie, senza contatti con l'esterno o con contatti limitati. Ecco perché la galassia solitaria rappresenta una sorta di "stato di natura" nel quale ricercare indizi sulle galassie primordiali e sui meccanismi all'origine delle primissime galassie.

L'alone di stelle rosse e deboli, che brillano nell'oscurità, sarebbe il segnale di stelle di età avanzate mentre le stelle bluastre al centro sarebbero più giovani; le nubi rosate illuminano la regione in cui la luce delle giovani stelle ha ionizzato l'idrogeno circostante, facendo splendere il gas di una sfumatura rossa.

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