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Un terzo delle persone che soffrono di “Covid lunga” era inizialmente asintomatico

Lo indicano i dati delle cartelle cliniche di oltre 1.400 persone risultate positive al coronavirus in California. A più di 60 giorni dall’infezione, un paziente su tre ha mostrato sintomi persistenti, come mancanza di respiro, dolore toracico, tosse e dolori addominali.
A cura di Valeria Aiello
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La “long Covid”, nota anche come postumi a lungo termine di Covid-19 o sindrome post-Covid, può colpire anche gli asintomatici. Lo indicano i dati delle cartelle cliniche di oltre 1.400 persone che sono risultate positive al coronavirus in California, di cui il 27% ha manifestato sintomi persistenti, come la mancanza di respiro, dolore toracico, tosse o dolore addominale a più di 60 giorni dall’infezione. Quasi un terzo (32%) di queste persone non ha mostrato alcun segno clinico della malattia nei 10 giorni successivi all’esito positivo del test.

L’analisi, i cui risultati sono stati pubblicati questa settimana in preprint su MedRxiv, ha anche permesso di ottenere informazioni demografiche sui pazienti che hanno manifestato i postumi dell’infezione, indicando come la sindrome post-Covid possa instaurarsi a tutte le età. “Su 34 bambini nello studio, 11 hanno avuto sintomi a lungo termine” ha affermato uno degli autori della ricerca, la dottoressa Melissa Pinto, professore associato di infermieristica presso l’Università della California a Irvine. I ricercatori hanno inoltre evidenziato che più della metà (59%) delle persone con long Covid erano donne, in particolare di età compresa tra 50 ± 20 anni che rappresentavano il 72% dei casi.

Quanto ai sintomi, l’indagine ha indicato oltre trenta diversi segni clinici associati alla “long Covid”, tra cui ansia, lombalgia, affaticamento, insonnia, problemi gastrointestinali e tachicardia, individuando cinque gruppi di sintomi che, con maggiore probabilità, sembrano manifestarsi insieme, come il dolore al petto e la tosse o il dolore addominale e il mal di testa.

Rispetto ad altre recenti indagini, che si sono principalmente concentrate sui postumi di chi ha avuto una forma grave della malattia, questo nuovo studio – il più grande finora condotto sui sintomi a lungo termine – ha aggiunto importanti informazioni sull’insorgenza di questa sindrome in persone che non hanno mai richiesto il ricovero in ospedale per Covid. Diversamente da altre ricerche, come quella recentemente pubblicata dagli infettivologi dell’Università di Washington, lo studio non ha però segnalato un altro dei sintomi più frequentemente riportati, ovvero la cosiddetta “nebbia cerebrale”, una sensazione di annebbiamento mentale e di lieve confusione che impedisce di essere lucidi e pronti.

Secondo gli autori dello studio, questa lacuna sarebbe derivata dall’impossibilità dei medici di individuare un codice diagnostico per tali problemi cognitivi da poter includere nelle cartelle cliniche dei pazienti. Pertanto, il team di ricerca sta ora cercando finanziamento per uno studio più ampio e completo, che possa combinare non solo le informazioni contenute nelle cartelle cliniche ma anche negli appunti medici e nelle relazioni dei pazienti.

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