Un terzo dei siti naturali UNESCO è in pericolo
Dal parco nazionale di Virunga in Congo, dove resistono i gorilla di montagna, a quello del Lago Malawi, uno dei bacini lacustri più belli al mondo, fino a giungere alla riserva Selous, in Tanzania, tra i più grandi parchi faunistici esistenti: sono soltanto alcuni tra i siti naturali patrimonio dell’umanità attualmente minacciati dalla presenza umana.
In totale si tratta del 31% dei siti naturali Unesco, tra barriere coralline, parchi nazionali e riserve: ciascuno, a suo modo, costretto a fare i conti con la ricerca di petrolio, gas e minerali. A lanciare l’allarme è stato il WWF attraverso un rapporto che evidenzia come il dato risulti in crescita del 24% rispetto ad un anno fa.
I siti naturali Patrimonio dell’umanità coprono meno dell’1% della superficie del Pianeta: eppure hanno un valore inestimabile, per la conservazione delle specie e per la ricchezza dei paesaggi. La protezione di queste aree è fondamentale non soltanto per gli aspetti economici – garantendo turismo, posti di lavoro, promozione e diffusione della cultura spesso, talvolta a fronte di contesti di grande povertà – ma anche per far in modo che alcuni tra gli animali più rari del Pianeta non scompaiano per sempre: non soltanto i gorilla di montagna, ma anche i cetacei, le tartarughe marine, gli elefanti africani o i leopardi delle nevi, questi ultimi sempre più vulnerabili negli altopiani e nelle vallate dell’Asia centrale che costituiscono il suo territorio.
Il problema interessa in particolar modo le aree localizzate in Asia (34%) e in America Latina e caraibica (31%), mentre in Europa e Nord America sono minacciati “soltanto” il 10% dei siti: tra questi il parco nazionale del Coto Donana, nell’estuario del fiume Guadalquivir, Spagna meridionale, una delle più importanti zone umide del Vecchio Continente in ragione della biodiversità che ospita.