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Covid 19

Un nuovo video mostra perché cantare durante la pandemia di Covid-19 non è una buona idea

Pubblicato sulla rivista Clinical Infectious Diseases, indica che la maggior parte delle goccioline espulse durante il canto segue l’andamento del flusso d’aria ambientale, facilitando la diffusione del patogeno tra le persone in piedi.
A cura di Valeria Aiello
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Cantare insieme ad altre persone è diventato un potenziale rischio di diffusione di coronavirus. In questi mesi ci sono stati diversi episodi emblematici di contagio tra persone che facevano parte di cori tuttavia, attualmente, non è stato valutato un approccio globale al problema.

Ecco perché cantare durante la pandemia di Covid-19 non è una buona idea

Una nuova ricerca, pubblicata su Clinical Infectious Diseases ha messo in luce come, a differenza di altre attività, la pratica del canto produca e faccia circolare una quantità maggiore di goccioline respiratorie che possono trasportare il virus, innescando pericolosi focolai.

Per quantificare e comprendere la dinamica delle particelle, i ricercatori hanno messo a punto un flusso dettagliato di aerosol e droplet rilasciati durante canto, utilizzando una sorgente luminosa a Led e una lente sferica per controllare il fascio di luce. Attraverso una telecamera ad alta velocità sono così riusciti a catturare le goccioline espulse e valutare come si diffondono nell'ambiente circostante. I risultati, mostrati nel video, indicano chiaramente che circa il 75% delle goccioline si allontana dalla bocca senza stabilizzarsi nel tempo, implicando che possano seguire l’andamento del flusso d’aria ambientale che faciliterebbe la diffusione del patogeno nel gruppo di persone in piedi.

Le goccioline che non si stabilizzando, in assenza di un’adeguata ventilazione, possono potenzialmente saturare l’ambiente – scrive il gruppo di ricercatori guidato da Prateek Bahla della School of Mechanical and Manufacturing Engineering di Sydney (Australia) e primo autore dello studio – . Questo può probabilmente spiegare l’alto tasso di contagio osservato nei cori degli Stati Uniti e in Europa” ha aggiunto, riferendosi ai focolai legati ai cori registrati in Germania, Paesi Bassi e nello Stato di Washington e, in particolare, in una chiesa della contea di Skagit dove un singolo “superdiffusore” ha contagiato ben 52 colleghi.

Gli autori della ricerca ritengono che a favorire il contagio sia l’atto stesso del cantare perché, alzando la voce e, a seconda delle parole pronunciate e della durata della nota, si emette un numero variabile di goccioline respiratorie, certamente maggiore di quello rilasciato parlando. “Questi risultati – concludono – potrebbero fornire informazioni utili per la stesura di linee guida sulla ripresa delle attività corali durante e dopo la pandemia di Covid-19 oppure in caso di altre infezioni respiratorie simili”

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