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Un noto anticorpo monoclonale migliora la sopravvivenza dei pazienti con cancro alla vescica

Risultati positivi dalla sperimentazione clinica di fase III dell’immunoterapia con avelumab, un farmaco già indicato per il trattamento di alcune forme di tumore: l’opzione terapeutica ha dimostrato di migliorare significativamente la sopravvivenza nei pazienti con il carcinoma uroteliale localmente avanzato o metastatico.
A cura di Valeria Aiello
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Nuova conquista nella lotta contro il cancro, in particolare nel controllo del carcinoma della vescica in fase avanzata, un tumore particolarmente complesso da trattare che ogni anno provoca oltre 200mila decessi in tutto il mondo. Dopo la chemioterapia, che è l'attuale standard di trattamento nei pazienti affetti da cancro alla vescica, questa neoplasia tende purtroppo a ripresentarsi rapidamente e, quando questo accade, le cure risultano spesso inefficaci. Tuttavia, i risultati della sperimentazione clinica di fase III di un noto anticorpo monoclonale, chiamato avelumab, hanno indicato che la somministrazione del farmaco in associazione alla terapia di supporto ha ridotto significativamente il rischio di peggioramento della malattia, migliorando la sopravvivenza dei pazienti.

Un noto anticorpo monoclonale migliora la sopravvivenza dei pazienti con cancro alla vescica

Lo studio è stato condotto dalla Queen Mary University e dal Barts Cancer Centre di Londra e gli esiti della sperimentazione pubblicati sul New England Journal of Medicine. L'avelumab, come detto, è un anticorpo monoclonale sviluppato come farmaco per l'immunoterapia, noto come inibitore del checkpoint, in grado di bloccare una proteina chiamata PD-L1 (ligando di morte programmato 1) sulla superficie delle cellule tumorali. Quando il PD-L1 è attivo, le cellule tumorali – che dovrebbero essere riconosciute come estranee dal sistema immunitario – riescono a nascondersi alle difese dell'organismo poiché i linfociti T che hanno il compito di identificarle sono "frenati" da PD-L1. L'immunoterapia con anti-PD-L1 mira appunto a neutralizzare l'azione del ligando, per cui il sistema immunitario trova più facile individuare le cellule tumorali e fermare il cancro.

La sperimentazione clinica di avelumab nel trattamento del carcinoma uroteliale localmente avanzato o metastatico ha coinvolto 700 pazienti la cui malattia non era progredita dopo la chemioterapia. “Si tratta della prima volta che un test clinico di immunoterapia ha mostrato un vantaggio in termini di sopravvivvenza globale nell'ambito del carcinoma della vescica metastatico – ha sottolineato il responsabile dello studio, il professor Thomas Powles, oncologo presso la Queen Mary University di Londra e Direttore del Barts Cancer Center – . Abbiamo visto una significativa riduzione del tasso di mortalità con avelumab, sottolineando il potenziale di questo farmaco nel cambiare le risorse terapeutiche a disposizione dei pazienti. Questo è evidenziato dai potenziali benefici di un approccio di mantenimento con avelumab dopo la chemioterapia”.

Dai dati clinici emerge infatti che il trattamento con avelumab ha determinato una riduzione del 31% del rischio di morte e una sopravvivenza globale mediana di 21,4 mesi rispetto ai 14,3 mesi dei pazienti trattati con la sola terapia di supporto. Gli effetti collaterali si sono mostrati in linea con le aspettative della terapia immunitaria, con l'11% dei pazienti che ha interrotto il trattamento a causa eventi avversi.

In Italia, l'avelumab è indicato in monoterapia per il trattamento di pazienti adulti affetti da carcinoma a cellule di Merkel metastatico, un raro e aggressivo tumore della pelle, e per il trattamento del carcinoma a cellule renali avanzato, il più comune tipo di cancro al rene, in associazione con antitumorali. La nuova evidenza scientifica, potrà portare in futuro a un ampliamento delle indicazioni, come avvenuto nel Regno Unito dove il farmaco sarà ora disponibile per i pazienti con carcinoma uroteliale avanzato o metastatico attraverso lo schema di accesso anticipato alla medicina (EAMS).

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