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I ricercatori hanno tradotto un antico libro di incantesimi egiziano

Tra sortilegi d’amore, malefici e cure per gravi malanni, il testo si presenta di grande fascino non soltanto per gli studiosi.
A cura di Nadia Vitali
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Iscrizione copta del V–VI secolo
Iscrizione copta del V–VI secolo

Un codice pergamenaceo risalente a circa 1.300 anni fa è stato recentemente trascritto e tradotto da alcuni studiosi della Macquarie University di Sydney. Si tratta di un testo che venne acquisito soltanto nel 1981 dalla ampia collezione che arricchisce l’ateneo australiano.

Un’origine misteriosa

A rendere intrigante la sua vicenda fin dall’inizio c’è il fatto che il testo è giunto lì attraverso un antiquario che aveva la sede centrale delle proprie attività a Vienna ma, alle spalle di questo, le tracce del manoscritto si perdono senza portare ad alcuna fonte originaria. Fino a poco tempo fa il suo contenuto non era stato oggetto di studi approfonditi ma, il mese scorso, è stata resa nota la notizia della sua decifrazione e pubblicazione, opera dei ricercatori Malcolm Choat ed Iain Gardner.

Il manuale del potere rituale

Quello che fa di questo codice un oggetto particolarmente interessante anche per i non esperti è il contenuto: nelle venti pagine che lo compongono, infatti, sono elencate istruzioni rituali, una lista di 27 incantesimi per contrastare la possessione demoniaca, varie patologie e possibili cure (si indica come trattare la leptospirosi, ad esempio, malattia infettiva che ancora oggi conta un elevato tasso di mortalità), gli effetti della magia per avere successo con l’amato o per fare denaro. Volete sapere come tenere in vostro potere la mente di qualcuno, ad esempio? Basta pronunciare una formula magica su due chiodi da posizionare, poi, uno sullo stipite destro e uno sul sinistro dell’uscio di casa del malcapitato.

Il mosaico di religioni dell’Egitto dell’epoca

Il testo si apre con una serie di invocazioni, che sembrano unire elementi cristiani a quelli dello gnosticismo, culminanti in disegni e parole che dovrebbero richiamare il potere magico. Il libro appare come il frutto di un momento culturale complesso, nel quale diversi elementi, talvolta lontani nelle origini e nei propositi, andavano a confluire nell'ambito della religiosità e del sacro: realizzato tra il VII  e l’VIII secolo, è scritto in copto ossia nella lingua costituente la fase finale della lingua egizia che venne parlata a partire dal II-III secolo, quando la popolazione del Paese africano iniziò la sua conversione al cristianesimo. Tuttavia, come è stato già detto, presenta elementi riconducibili anche allo gnosticismo e, in particolare, al sethismo: una corrente, spiegano gli esperti, indicata dalle fonti come eretica ed estintasi più o meno nello stesso periodo in cui venne redatto il manoscritto. Secondo Choat e Gardner, insomma, chi scrisse questo testo lo fece prima che tutti i riferimenti al sethismo venissero epurati dai testi magici.

L’ignoto autore

Già, ma chi potrebbe mai averlo scritto? A chi serviva questo prontuario di rimedi magici per diversi tipi di esigenza? Naturalmente in questo caso non si può che procedere per ipotesi: i due professori sostengono che non si trattava necessariamente dell’opera di un monaco o di un sacerdote, benché all'epoca la tradizione manoscritta fosse saldamente nelle mani di questi. In ogni caso è plausibile che non si trovi, tra le sue pagine e le sue formule, una firma o un’indicazione del proprietario, dal momento che nessuno aveva interesse ad essere guardato come un mago. L’unica cosa che potrebbe fornire un vago elemento è il fatto che molte formule sembrano poter essere riferibili esclusivamente a uomini: ma questo non esclude comunque l’ipotesi che una anche donna praticante si servisse del testo per scopi magici.

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