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Un malato di diabete su cinque rischia di morire per Covid entro 28 giorni dal ricovero

Lo indicano i nuovi dati dello studio CORONADO condotto in 68 ospedali fracesi. Identificata anche una serie di fattori prognostici nei pazienti diabetici ricoverati in ospedale per Covid-19.
A cura di Valeria Aiello
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Fin dai primi mesi della pandemia di Covid-19, il diabete è stato associato a una più alta probabilità di prognosi peggiori ed esiti infausti dell’infezione da coronavirus Sars-Cov-2. Diversi studi hanno indicato che rappresenta uno dei principali fattori di rischio di mortalità per Covid-19, con dati preliminari che hanno mostrato che il 10% dei pazienti diabetici e infezione da coronavirus è deceduto entro sette giorni dal ricovero ospedaliero.

Il diabete aumenta il rischio di morte per Covid

A questi primi risultati, emersi nel corso dell’analisi ad interim dei dati dello studio CORONADO (Coronavirus Sars-Cov-2 e Diabetes Outcome) si integra un aggiornamento pubblicato sulla rivista Diabetology dallo stesso gruppo di ricerca che ha concentrato l’analisi sugli esiti a 28 giorni dal ricovero in ospedale di un campione di pazienti più ampio.

L’indagine, che ha coinvolto 68 centri francesi e un totale di 2.796 pazienti diabetici ricoverati in ospedale per Covid-19 tra il 10 marzo e il 10 aprile 2020, ha evidenziato che un paziente su cinque è deceduto entro 28 giorni dal ricovero.

Complessivamente, quasi due terzi dei pazienti ricoverati (64%) erano uomini, con un’età media di 70 anni, un indice di massa corporea (BMI) di 28,4 kg/m2 (che rientra nel range del sovrappeso), con complicanze diabetiche microvascolari e macrovascolari che sono state riscontrate rispettivamente nel 44% e 39% dei casi. Più della metà dei pazienti (52,1%) è stato dimesso entro 28 giorni dal ricovero, con una durata media della degenza di 9 (5-14) giorni. Dei restanti, il 12% è rimasto ricoverato, il 17% è stato trasferito in una struttura diversa da quella del ricovero iniziale mentre il 21% è deceduto.

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L’analisi statistica dei dati ha inoltre rivelato che fattori come l’età più giovane, la terapia del diabete con il farmaco metformina e una durata dei sintomi più prolungata al momento del ricovero erano associati a una maggiore possibilità di dimissione dall’ospedale. D’altra parte, l’anamnesi di complicanze microvascolari, terapia anticoagulante di routine (per prevenire la formazione di coaguli di sangue), mancanza di respiro al momento del ricovero, livelli anormali di enzimi epatici, conta dei globuli bianchi più alta e livelli più alti della proteina C-reattiva del marker infiammatorio sistemico erano associati a una ridotta possibilità di dimissione e un maggior rischio di morte.

I pazienti che assumevano regolarmente insulina (che potrebbe indicare uno stato di diabete più avanzato) hanno mostrato un rischio di morte del 44% più alto rispetto a quelli non trattati con insulina. Oltre a ciò, un aumento del rischio di morte del 42% è stato rilevato nei pazienti diabetici trattati con statine per il controllo del colesterolo, sebbene gli autori della ricerca chiariscano che, trattandosi di uno studio osservazionale, è difficile trarre conclusioni definitive su qualsiasi relazione con le statine o altri trattamenti.

Lo studio ha inoltre evidenziato che il controllo della glicemia a lungo termine, valutato con l’emoglobina glicata (HbA1c) pre-ricovero o all’ammissione in ospedale, non ha avuto impatto sul destino dei pazienti COVID-19, non mostrando alcuna associazione significativa con il rischio di morte o con la dimissione entro 28 giorni. Al contrario, un aumento del livello di glucosio plasmatico al momento del ricovero era un forte predittore di morte e, di conseguenza, di una minore possibilità di dimissione. “L’identificazione di variabili favorevoli associate alla dimissione ospedaliera e variabili sfavorevoli associate alla mortalità può portare alla riclassificazione del paziente – concludono i ricercatori – . Questo può aiutare a utilizzare le risorse in modo adeguato in base al profilo del singolo paziente”.

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