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Un esame del sangue permette di diagnosticare l’Alzheimer in anticipo

Un test per rilevare i livelli di fosforilazione di una proteina chiamata Tau consente di identificare la malattia prima della comparsa dei sintomi. Lo studio pubblicato sul Journal of Experimental Medicine suggerisce un alto grado di accuratezza nelle misurazioni, aprendo a prospettive entusiasmanti nella diagnosi della demenza.
A cura di Valeria Aiello
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Un semplice esame del sangue in grado di diagnosticare l’Alzheimer prima della comparsa dei sintomi della malattia: è quanto messo a punto da un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Neurologia della Washington University School of Medicine di Saint Louis, nel Missouri, che ha sviluppato un test in grado di rilevare la presenza di biomarcatori capaci di predire lo sviluppo della malattia. Nello specifico, l’analisi permette di identificare i livelli di fosforilazione di un particolare residuo della proteina Tau, il T217, correlata alla formazione di accumuli di beta-amiloidosi nel cervello responsabili della demenza.

I risultati dello studio, pubblicati sul Journal of Experimental Medicine, aprono dunque alla possibilità di prevedere l’insorgenza della malattia di Alzheimer che, attualmente, è purtroppo diagnosticata solo quando i sintomi sono evidenti. A più alte quantità di Tau fosforilata al T217 (p-tau-217) è infatti correlato un aumentato rischio di demenza e variazioni rilevabili si possono riscontrare già molti anni prima della manifestazione clinica della malattia.

Attraverso il test, i ricercatori sono riusciti a misurare concentrazioni infinitesime (0,4 picogrammi/ml) di p-tau-217 con un alto grado di precisione. “Per quanto ne sappiamo questa è la concentrazione più bassa mai misurata dalla spettrometria di massa per un marcatore proteico nel plasma umano” ha dichiarato Nicolas Barthélemy, primo autore dello studio. Ciò permette quindi di avere in anticipo un quadro equivalente a quello ottenuto attraverso scansioni cerebrali oppure misurazioni della stessa proteina in campioni liquido cerebrale o nel midollo spinale prelevati con tecniche certamente più invasive.

Tuttavia, prima che il test possa essere implementato nella pratica clinica, servirà ancora del tempo. “Sebbene questa ricerca appaia estremamente promettente, sono ancora necessari ulteriori riscontri e molto lavoro per raggiungere la standardizzazione del test in tutti i laboratori – ha spiegato alla CNN il professor Clive Ballard, docente di malattie legate all’età presso la Medical School dell’Università di Exeter, uno dei più autorevoli esperti nel campo delle demenze senili – . Potrebbero essere necessari almeno cinque anni prima di avere a disposizione un accurato esame del sangue in grado di individuare i biomarcatori della demenza clinica”.

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