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Turchia, un mosaico romano torna alla luce

Sotto gli occhi degli archeologi americani è comparso un raffinatissimo ed esteso mosaico risalente al III secolo d. C.
A cura di Nadia Vitali
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mosaico turchia

Intricate geometrie che disegnano un motivo armonioso e meticolosamente lavorato, parte di quello che gli archeologi ritengono fosse un bagno: il grande mosaico romano recentemente venuto alla luce grazie alle campagne di scavo condotte dai ricercatori della University of Nebraska di Lincoln misura circa 149 metri quadri, è il più esteso della regione e delimitava, con tutta probabilità, il bordo di una piscina con la sua ricchezza ornamentale. Rinvenuto ad Antiochia ad Cragum, sulla costa meridionale della Turchia, rappresenta una eloquente testimonianza della imponente e profonda influenza culturale dell'impero su tutta l'area nel III e IV secolo d. C.

Si tratta di una scoperta importantissima, non soltanto per l'elevato valore artistico dell'opera, ma anche per la possibilità di comprendere con maggiore chiarezza particolari della storia di questa remota zona dell'Asia Minore, di cui ancora troppo poco si conosce: «Cominciamo adesso a comprendere che essa era più romanizzata, in linea con quella che era la tendenza del mondo intero all'epoca, di quanto precedentemente ritenuto. La natura del mosaico fa ben capire quanto questa città fosse realmente romana» ha spiegato Michael Hoff, docente di storia dell'arte presso l'università del Nebraska di Lincoln e capo del gruppo che ha eseguito gli scavi.

«Antiochia ad Cragum presentava molti dei tratti che è lecito aspettarsi da un città di una provincia romana: templi, impianti termali, mercati e colonnati lungo le strade. Questo centro prosperò durante all'impero grazie ad un'economia basata sui prodotti agricoli, in particolare il vino e il legname». Ciononostante il Professor Hoff, allo stesso modo dei suoi collaboratori dell'ateneo americano e della turca Atatürk University di Erzurum, non immaginava che si sarebbe trovato dinanzi ad una struttura così grande (e tutto sommato anche in buono stato): eppure il mosaico sarebbe ben più esteso, dal momento che ad esser riportato alla luce è stato appena il 40% di questa meraviglia.

«È strano rendersi conto del fatto che sei la prima persona, dopo secoli, a vedere questa cosa, è una sensazione che mi ha fatto pensare alla mia provvisorietà ma anche all'importanza che le mie azioni possono avere per la storia e per l'umanità» ha osservato Phalin Strong, studente del secondo anno della UNL, nel raccontare l'emozione ma anche la fatica del lavoro di scavo. La prima volta che l'opera fece una timida comparsa nella contemporaneità fu il 2001, quando un'ampia missione archeologica di cui faceva parte lo stesso Hoff annunciò che un contadino locale, arando un campo, aveva ritrovato casualmente dei pezzi di un mosaico, nei pressi di una struttura termale ancora in piedi: il ritrovamento venne sottoposto all'attenzione del museo di Alanya che, due anni dopo, iniziò i primi rilievi che ne portarono in superficie una piccola porzione. La gran parte degli scavi, sotto la guida di Hoff, è iniziata l'anno scorso ed ha portato a questa magnifica scoperta che, dato ancora più piacevole, è soltanto l'inizio di un lavoro che ci regalerà un'altra meraviglia del passato: «Sto già guardando al prossimo anno, sebbene io sia appena rientrato dalla Turchia» ha spiegato Hoff che, comprensibilmente, non maschera l'entusiasmo.

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