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Tempo di cambiare (radicalmente) il nostro calendario

Ricercatori della John Hopkins University propongono un nuovo tipo di calendario, strutturato in modo che ogni anno sia uguale al precedente: il vostro compleanno cadrebbe sempre nello stesso giorno della settimana. Il motivo? Notevoli risparmi economici.
A cura di Roberto Paura
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C’è chi non si accontenta di cambiare il calendario appeso in cucina con uno nuovo ogni primo giorno dell’anno: meglio creare, magari, un calendario completamente nuovo, con una nuova divisione dei mesi dell’anno, di modo da ripartire più efficientemente i giorni che  impiega la Terra a girare intorno al Sole. Ci avevano già provato Giulio Cesare e papa Gregorio XIII in tempi diversi, poi i giacobini della Rivoluzione francese, che realizzarono forse il modello più efficiente (ma anche anticristiano) possibile. Ora, una nuova proposta viene dai ricercatori dell’Università John Hopkins del Maryland, USA.

I problemi del calendario gregoriano

Basta con la seccatura dei giorni che cambiano di anno in anno, senza mai sapere in che giorno della settimana cadrà il vostro compleanno, il prossimo Natale, il Capodanno e così via. Basta anche con quell’eccentrica storia dell’anno bisestile che cade ogni quattro anni (lo sarà il 2012), e con la fastidiosa filastrocca mandata a memoria alle scuole elementari: “Trenta giorni ha novembre, con april, giugno e settembre; di ventotto ce n’è uno, tutti gli altri ne han trentuno”. Il nuovo calendario proposto da un gruppo guidato dall’astrofisico Richard Henry ripartisce scientificamente giorni, settimane e mesi dell’anno.

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Il problema di ogni calendario si fonda sul fatto che la Terra impiega un po’ più di 365 giorni per compiere la propria rivoluzione intorno al Sole, ma un po’ meno di 366: per l’esattezza, 365,2422 giorni. Quel tempo extra non si accorda bene con un ciclo giornaliero di 24 ore, e se facciamo finta che non esiste ci ritroveremmo con problemi piuttosto seccanti, dovuti allo “slittamento” stagionale delle festività, con il Natale che cade, per fare un esempio, a primavera inoltrata. La soluzione adottata dal calendario gregoriano, che impieghiamo oggi comunemente, è quella di aggiungere un giorno extra a febbraio ogni quattro anni. Ma se questo risolve il problema dello slittamento stagionale delle festività, non impedisce ai giorni della settimana di slittare ogni anno. Il Natale cadrà sempre subito dopo il solstizio d’inverno, d’accordo; ma un anno verrà di lunedì, il successivo di martedì e così via (saltando due giorni in caso di anno bisestile). Ciò in quanto 365 non è un multiplo di sette, e una settimana composta da 7 giorni non si accorda pertanto in maniera efficace al calendario gregoriano. Un problema che viene risolto dal nuovo calendario, battezzato “Calendario permanente Hanke-Henry”, dal nome dell’astrofisico Herny e dal suo collega economista della John Hopkins, Steve Hanke.

La proposta del nuovo calendario

Il calendario si struttura in un ciclo costituito da due mesi di 30 giorni seguiti da un mese di 31. Una ripartizione più scientifica e facile da ricordare, facendo a meno della filastrocca, che altrimenti suonerebbe: “Trenta giorni ha settembre, giugno, marzo e dicembre”. Per risolvere il problema delle ore extra ogni anno, i due ricercatori hanno creato una “settimana bisestile”, sette giorni in più alla fine di dicembre – quindi alla fine dell’anno – ogni cinque o sei anni. In questo modo verrebbe impedito lo slittamento stagionale mantenendo la ripartizione in sette giorni.

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La riforma del calendario proposta dai due studiosi non è solo un modo per sistematizzare meglio il calcolo del tempo. È anche, sostengono, un’ottima soluzione in termini economici. Per esempio, i calcoli per il pagamento degli interessi sono resi complicati dall’irregolarità dei mesi. Questi problemi sono risolti in modo differente dai vari enti finanziari, il che – sottolineano Henry e Henke – dimostra che l’ammontare degli interessi varia in modo discrezionale, a prescindere dal calendario. Un calendario permanente eliminerebbe queste difformità. Diventerebbe più semplice fissare meeting e decidere con anticipo i giorni di festa. Inoltre, festività come il Natale e il Capodanno potrebbero essere fatte cadere sempre di domenica, risparmiando giorni di vacanza e ponti. Ai lavoratori certo non farà piacere, ma in tempi di crisi soluzioni del genere piacciono molto ai politici. Basti ricordare la decisione, poi revocata, di annullare i ponti festivi a partire dalla seconda metà del 2011, da parte di una delle ultime leggi finanziarie. “Il momento migliore per introdurre questi cambiamenti è il 1° gennaio 2012, perché cade di domenica sia nell’attuale calendario gregoriano che nel nuovo, semplice calendario”, sostengono i ricercatori. Ma non risulta che qualche governo abbia deciso di adottare la novità. Quindi, l’opera di convincimento riprenderà in vista della prossima data utile, il 1° gennaio 2017, quando di nuovo il Capodanno sarà di domenica. Ci sarà tutto il tempo, infatti, di aggiornare anche i calendari dei computer, su cui oggi si basa tutta l’economia del mondo (evitando l’incubo di un nuovo Millennium Bug…)

Le barriere psicologiche da superare non sono poche. La principale, ammette Henry, è costituita da coloro che si lamenteranno che il loro compleanno cada sempre nello stesso giorno. Magari, per chi festeggia sempre di venerdì 13, potrebbe non essere la cosa più simpatica, considerando la superstizione di molti, americani e non. Soprattutto perché, spiega l’astrofisico, “con mio estremo disappunto, il nostro calendario contiene ben quattro venerdì 13 ogni anno”. Tuttavia, l’idea di una settimana extra, magari di festeggiamenti, ogni cinque o sei anni, potrebbe essere una piacevole compensazione.

Il precedente: il calendario rivoluzionario francese

“ Il momento migliore per introdurre questi cambiamenti è il 1° gennaio 2012, perché cade di domenica sia nell’attuale calendario gregoriano che nel nuovo, semplice calendario. ”
Richard Henry
Qualcosa del genere, del resto, è stata già sperimentata. Nel 1793 in Francia fu introdotto il calendario rivoluzionario, che non solo contava i giorni non più dalla nascita di Cristo ma dall’instaurazione della Repubblica (22 settembre 1792), ma realizzava una ripartizione più scientifica del tempo. I mesi, sempre dodici, diventavano tutti uguali, di 30 giorni, con un’appendice di cinque giorni extra alla fine di ogni anno, che diventavano sei ogni quattro anni. L’idea di cinque giorni “epagomeni”, ossia di compensazione, alla fine di ogni anno, veniva recuperata dal calendario in uso nell’Antico Egitto, che utilizzava questo escamotage per parificare il calendario civile con quello solare. La novità principale consiste, soprattutto, nell’abolizione della ripartizione in settimane: ogni mese sarebbe stato costituito da tre decadi, ossia gruppi di dieci giorni, con una festività alla fine di ogni decade. In questo modo si eliminavano le domeniche, e i giorni festivi per mese diventavano tre invece di quattro. La soluzione adottata dai giacobini produceva lo stesso effetto del calendario Hanke-Henry: ogni anno sarebbe stato uguale al precedente, e le festività – per esempio il 14 luglio, giorno della presa della Bastiglia – sarebbero cadute sempre negli stessi giorni della decade.

Rimasto in vigore fino all’avvento dell’Impero napoleonico, il calendario rivoluzionario francese è sicuramente più scientifico di quello di Hanke-Henry, ma di certo più difficile da applicare. All’epoca non piacque, e sicuramente non piacerebbe nemmeno oggi, ai cristiani, legati a una scansione del mese in settimane che si rifà alla tradizione biblica dei sei giorni impiegati da Dio per creare l’universo, con il settimo consacrato al riposo. E la tradizione cristiana ci lega d’altronde all’abitudine di festeggiare il Capodanno a metà inverno, quando potrebbe essere sicuramente più efficiente e naturale per tutti far cadere il Capodanno alla fine dell’estate, quando inizia il vero e proprio anno lavorativo. Ma a volte, si sa, agli esseri umani piace complicarsi la vita.

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