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Covid 19

Tachipirina e vigile attesa non bastano per i pazienti Covid: perché il TAR ha bocciato la nota AIFA

Lo scorso dicembre l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha pubblicato un documento nel quale si raccomandava “vigile attesa” e trattamenti sintomatici (ad esempio con paracetamolo/tachipirina) per i pazienti Covid lievi a casa. Un comitato di medici ha fatto ricorso al TAR del Lazio per la libertà di scelta sui farmaci da adottare nella terapia, vincendolo.
A cura di Andrea Centini
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Il tribunale amministrativo regionale (TAR) del Lazio ha accolto l’istanza cautelare presentata dai medici del “Comitato Cura Domiciliare Covid-19” contro il Ministero della Ministero della Salute, AIFA – Agenzia Italiana del Farmaco per una nota relativa al trattamento domiciliare dell'infezione da coronavirus SARS-CoV-2. Per i casi lievi (e probabili), durante i primi giorni di malattia l'AIFA raccomandava infatti la sola “vigile attesa” in associazione a trattamenti sintomatici, ad esempio attraverso il paracetamolo, un farmaco analgesico e antipiretico che in Italia è noto soprattutto col nome commerciale di tachipirina. Veniva inoltre non raccomandato l'uso dei medicinali utilizzati normalmente dai medici di medicina generale per trattare i pazienti Covid. Il Comitato Cura Domiciliare Covid-19 si è opposto a questa “visione” della terapia domiciliare e ha fatto ricorso (numero di registro generale 1557 del 2021), vedendolo accolto, come riporta l'ordinanza pubblicata il 4 marzo del 2021 dal TAR del Lazio.

Tutto era iniziato lo scorso 9 dicembre 2020, quando l'AIFA, sul proprio portale, pubblicò il documento in PDF “Principi di gestione dei casi COVID-19 nel setting domiciliare”. Come si legge nell'intestazione della nota, il documento comprende raccomandazioni “sul trattamento farmacologico domiciliare dei casi lievi e una panoramica generale delle linee di indirizzo AIFA sulle principali categorie di farmaci utilizzabili in questo setting”. Per casi lievi, specifica l'AIFA, si intendono tutti i pazienti che presentano sintomi alla stregua di febbre (temperatura superiore ai 37° C), tosse, cefalea, dolori muscolari (mialgia), diarrea, e perdita dell'olfatto (anosmia) e gusto (ageusia) non altrimenti spiegabili. Si specifica che i pazienti non devono presentare alcun segno di difficoltà respiratorie (dispnea) disidratazione, alterazione dello stato di coscienza o sepsi. In questi casi, infatti, si sarebbe trattato di pazienti non lievi. Fatta questa premessa, l'AIFA specifica che per tali pazienti “possono essere formulate le seguenti Raccomandazioni generali”: vigile attesa, trattamenti sintomatici (es. paracetamolo), idratazione e nutrizione appropriate; non modificare terapie croniche in atto; non utilizzare supplementi vitaminici o integratori alimentari; non somministrare farmaci mediante aerosol se in isolamento con altri conviventi, per il rischio di diffusione del virus.

Oltre a queste indicazioni generali, l'AIFA fa un riferimento specifico ai farmaci raccomandati e non raccomandati. Tra i primi figurano solo paracetamolo e FANS (farmaci anti-infiammatori non steroidei) per contrastare la febbre, i dolori muscolari e altri malesseri, mentre “altri farmaci sintomatici possono essere utilizzati su giudizio clinico”. Tra quelli non raccomandati contro la COVID-19 si citano antibiotici, idrossiclorochina, le combinazioni Lopinavir/ritonavir e Darunavir/ritonavir o cobicistat. Nel documento vengono indicati anche i medicinali che possono essere utilizzati solo "in specifiche condizioni", come corticosteroidi ed eparine.

Contro il protocollo “vigile attesa e paracetamolo” si erano espressi negativamente diversi medici, tra chi osservava potenziali effetti negativi del paracetamolo e chi sottolineava la necessità di un trattamento tempestivo, per evitare che i pazienti arrivassero in ospedale nelle condizioni che ormai tutti conosciamo. I medici del ‘Comitato Cura Domiciliare Covid-19‘, rappresentati dal presidente del comitato Erich Grimaldi (avvocato) e dalla collega Valentina Piraino, hanno fatto ricorso specificatamente verso le parti della nota in cui si prevede unicamente la “vigilante attesa” col supporto di paracetamolo/FANS e quella in cui si pongono “indicazioni di non utilizzo di tutti i farmaci generalmente utilizzati dai medici di medicina generale per i pazienti affetti da Covid”, come si legge nel testo dell'ordinanza. Il TAR ha accolto il ricorso ritenendolo fondato, “in relazione alla circostanza che i ricorrenti fanno valere il proprio diritto/dovere, avente giuridica rilevanza sia in sede civile che penale, di prescrivere i farmaci che essi ritengono più opportuni secondo scienza e coscienza, e che non può essere compresso nell’ottica di una attesa, potenzialmente pregiudizievole sia per il paziente che, sebbene sotto profili diversi, per i medici stessi”.

In parole semplici, i medici potranno decidere quali farmaci ritengono più adatti per il trattamento dei propri pazienti, sulla base delle valutazioni cliniche, senza dover tenere conto dei “paletti” fissati dalla nota dell'AIFA. Il Comitato dei medici ha naturalmente accolto con favore il pronunciamento del TAR, e si attende una rapida revisione delle linee guida ministeriali per il trattamento dei pazienti Covid. Ciò potrebbe avere un impatto significativo sugli approcci terapeutici adottati. “Finalmente anche il Tribunale amministrativo ha compreso che lasciare i pazienti senza cure precoci a domicilio è assolutamente inaccettabile”, ha chiosato l'avvocato e presidente del comitato Erich Grimaldi.

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