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Strage di pulcinelle e alche in Alaska: morti migliaia di uccelli a causa nostra

Fino a 8.800 tra pulcinelle e alche sono morte di fame in Alaska a causa dei cambiamenti climatici. Le temperature più elevate del Mare di Bering avrebbero condotto le prede naturali degli uccelli in acque più profonde, impedendo loro di raggiungerle e condannandoli così a una morte lenta e atroce.
A cura di Andrea Centini
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Credit: PLoS ONE/Aleut Community of St Paul Island Ecosystem Conservation Office
Credit: PLoS ONE/Aleut Community of St Paul Island Ecosystem Conservation Office

Migliaia di pulcinelle e alche sono morte nei pressi dell'Isola di Saint Paul (Alaska), una terra emersa incastonata nel freddo Mare di Bering a nord dell'arcipelago delle Aleutine. In pochi mesi, tra ottobre 2016 e gennaio 2017, sono state recuperate lungo le coste dell'isola le carcasse di circa 350 uccelli, ma le stime basate su venti e correnti marine indicano che sono morti non meno di 3.150 esemplari, con un picco massimo di ben 8.800 volatili coinvolti. Una vera e propria ecatombe che potrebbe aver dimezzato – o addirittura quasi completamente spazzato via – la popolazione di una delle specie coinvolte. Secondo gli scienziati la causa della moria è molto probabilmente associata ai cambiamenti climatici, catalizzati dalle attività antropiche.

Affamati. Ad analizzare il fenomeno è stato un team di ricerca americano guidato da scienziati dell'Università di Washington, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi dell'Ecosystem Conservation Office della Comunità Aleuta dell'Isola di Saint Paul, dello US Geological Survey e dell'Alaska Maritime National Wildlife Refuge. Gli scienziati guidati dal professor Timothy Jones tenevano traccia da tempo dei tassi di mortalità degli uccelli marini nell'area, e normalmente nel periodo della moria ne contavano pochissimi. Ma tra la fine del 2016 e l'inizio del 2017, come indicato, sono state trascinate a riva centinaia di carcasse. Il 79 percento di esse era composto da pulcinelle o fratercule dai ciuffi (Fratercula cirrhata); l'11 percento erano alche minori crestate (Aethia cristatella) e le restanti fratercule dal corno (Fratercula corniculata). Erano quasi tutti esemplari adulti, estremamente magri e con muta incompleta. Dopo aver escluso infezioni e parassiti, gli scienziati sono giunti alla conclusione che erano tutti morti di fame, in un momento critico come quello del cambio di muta (che richiede un notevole dispendio di energia). Che cosa è successo?

Cambiamenti climatici. A causa dell'incremento delle temperature nel Mare di Bering orientale, appena prima della moria gli scienziati avevano registrato sensibili cambiamenti nella distribuzione dello zooplancton e dei pesci di cui si nutrono gli uccelli, rilevati a profondità maggiori del normale. Le pulcinelle e le alche, in parole semplici, hanno trovato il mare “svuotato” dello loro prede naturali, che erano diventate impossibili da raggiungere alle nuove profondità (i pesci hanno seguito lo zooplancton nelle acque fredde, più in basso). I cambiamenti climatici avrebbero di fatto condannato migliaia di uccelli a una morte lenta e atroce. Drammatici eventi di massa come questo diventeranno sempre più frequenti, se non riusciremo a contenere l'aumento medio delle temperature rispetto all'epoca preindustriale. I dettagli della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica PloS ONE.

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