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“Stonehenge aveva un’acustica come quella dei cinema”: la nuova scoperta degli studiosi

Tre ricercatori britannici, due dell’Università di Salford e uno dell’English Heritage, hanno costruito un modello in scala 1:12 per studiare le proprietà acustiche del misterioso complesso preistorico: “Potrebbe aver aiutato la comunicazione vocale o migliorato l’ascolto dei suoni musicali”.
A cura di Valeria Aiello
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Una nuova scoperta potrebbe dare una risposta a uno dei tanti misteri che circondano Stonehenge, il complesso preistorico che sorge in quella che oggi è la contea del Wiltshire, in Inghilterra. Sebbene non sia noto che tipo di rituali, cerimonie o attività si svolgessero nel sito né quale sia il vero motivo per cui venne eretto, i risultati di una complessa analisi hanno suggerito che la sua particolare acustica può aver aiutato la comunicazione vocale o migliorato l’ascolto dei suoni musicali al suo interno.

“Stonehenge aveva un’acustica come quella dei cinema”

Non è la prima volta che le proprietà acustiche di Stonehenge sono oggetto di uno studio ma, rispetto ai precedenti test effettuati nel sito di Maryhill, nello Stato di Washington, dove esiste una replica a grandezza naturale di Stonehenge, i ricercatori hanno risolto uno dei principali limiti di quelle simulazioni, vale a dire il fatto che i blocchi di cemento utilizzati nella replica alteravano la propagazione delle onde sonore durante le misurazione. “Si tratta di un aspetto molto importante per l’acustica” si legge nel nuovo lavoro pubblicato sul Journal of Archeological Science da tre ricercatori britannici, Trevor Cox e Bruno Fazenda dell’Università di Salford, e Susan Greaney della English Heritage, che hanno creato un modello in scala 1:12, soprannominato Stonehenge Lego, per catturare correttamente gli effetti delle onde sui megaliti.

Stonehenge Lego, Il modello in scala acustica 1:12 di Stonehenge

Il modello è stato realizzato sulla base delle scansioni laser delle pietre di Stonehenge e delle ultime prove archeologiche circa le fasi di costruzione, scegliendo la configurazione risalente a poco dopo il 2.200 a.C. composta da 157 pietre. I tre studiosi hanno fatto ricorso alla stampa 3D per riprodurre 27 pietre differenti che hanno poi utilizzato come stampo le restanti 130, sistemando il modello all’interno di una speciale camera acustica per testarlo mediante una tecnica chiamata auralizzazione. “È l’equivalente sonoro della visualizzazione – ha spiegato Cox – . Si tratta di una procedura per modellare e simulare l’esperienza dei fenomeni acustici resi come campo sonoro in uno spazio virtuale”.

I ricercatori hanno scoperto che i suoni a media frequenza persistevano brevemente all’interno del modello. Nello specifico, il tempo di riverbero di un suono di 60 decibel è stato in media di circa 0,6 secondi. “Un tempo sufficiente ad amplificare le voci o il suono di strumenti musicali” ha aggiunto Cox che, quando ha provato a diffondere la sua voce all’interno di Stonehenge Lego, ha notato che l’acustica conferiva una qualità maestosa e riverberante al suono. “Sorprendentemente, nonostante Stonehenge non abbia tetto e non ci siano molti spazi tra le pietre, l’acustica era più simile a quella di una stanza chiusa, come in un cinema, piuttosto che quella di uno spazio all’aperto, migliorando notevolmente il canto”.

Una constatazione che ha dunque offerto nuovi elementi che potrebbero fornire una risposta circa il suo passato utilizzo. “Sarebbe singolare che, una volta costruito, non fosse stato sfruttato per la sua acustica. Per questo è ragionevole supporre che i nostri antenati abbiano parlato oppure suonato musica al suo interno”.

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