SLA, il colesterolo cattivo LDL e lo sport tra le cause della malattia: scoperta italiana
Il colesterolo cattivo LDL e l’intensa attività fisica sono cause della SLA, Sclerosi Laterale Amiotrofica, la malattia degenerativa progressiva che colpisce i motoneuroni cerebrali e del midollo spinale responsabili del movimento muscolare volontario e che porta alla compromissione del movimento degli arti. La notizia arriva dagli scienziati della Città della Salute di Torino che hanno pubblicato i dettagli della loro ricerca sulla rivista scientifica Annals of Neurology. Ma vediamo com’è possibile.
Colesterolo cattivo e SLA. Prima di tutto va detto che la definizione ‘colesterolo cattivo LDL’ si intendono le lipoproteine a bassa intensità, nello specifico gli scienziati sono giunti alla conclusione che l’iperlipemia, cioè l’incremento patologico di colesterolo nel sangue, è un fattore di rischio genetico per la SLA.
Lo studio. Per giungere a questa conclusione, gli scienziati hanno utilizzato una tecnica di analisi innovativa, la randomizzazione mendeliana, che ha permesso loro di analizzare 20.806 casi di SLA e 59.804 controlli di origine europea, e 10.031.630 varianti geniche associate a 889 ‘tratti', che includono un'ampia gamma di caratteristiche fisiologiche e di fenotipi di malattia. “Ciascun tratto è stato analizzato separatamente per determinare se è in grado di modificare il rischio di SLA”, spiegano gli esperti torinesi. Dai dati raccolti è emerso che il colesterolo cattivo LDL è dunque un fattore di rischio indipendente della malattia. Ma non è tutto.
Gli altri fattori di rischio. Gli scienziati hanno anche dimostrato che sono anche altri i fattori di rischio della malattia, come ad esempio l’attività sportiva intensa, che ne favorisce lo sviluppo: mentre l’attività fisica moderata è protettiva. Sotto accusa anche il fumo di sigaretta.
Più ampio studio sulla SLA. Lo studio italiano è da considerarsi il più ampio eseguito sulla Sclerosi Laterale Amiotrofica che ad oggi non ha ancora una cura, ma i risultati ottenuti potrebbero permettere di sviluppare nuove terapie utili contro la malattia.