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Il dispositivo anti-terremoto che non serve a niente

SismAlarm fa esattamente quello che dice di fare, ma laddove il sisma è distruttivo, tra la segnalazione acustica e il terremoto possono passare decimi di secondo o un paio di secondi. Altro che un minuto.
A cura di Redazione Scienze
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Dopo la pubblicità video passata su alcune reti televisive minori, a dare credito scientifico al prodotto è stato soprattutto il Corriere della Sera. Il quotidiano di via Solferino ha presentato SismAlarm come l'allarme anti-sismico domestico che, attaccato ad una colonna portante di casa, riesce ad avvertire in anticipo quando sta per arrivare un sisma di almeno 3.2 gradi della scala Richter. Il meccanismo è apparentemente semplice: il dispositivo riesce ad avvertire spostamenti anche minimi della struttura, causati dalle onde primarie, ossia da quelle onde compressionali che, tra i movimenti causati da un terremoto, sono le più veloci. Ad esse seguono le onde S, ben più pericolose delle prime. E' da questa differenza che nasce la capacità premonitrice di SismAlarm che, secondo l'articolo del Corriere, può segnalare l'onda distruttiva con un anticipo anche di 60 secondi.

Chi ha tempo non perda tempo. In un minuto ci si può riparare sotto un tavolo e affidarsi al Fato, oppure, se si abita in una villa in campagna, uscire di casa. Sessanta secondi non danno possibilità di fuga a chi, abitando in città, deve percorre le scale e allontanarsi dagli edifici per non restare vittima di calcinacci. L'equivoco che potrebbe suggerire il dispositivo, tuttavia, non è tanto la condotta da tenere in caso di allarme, quanto l'interpretazione dei 60 secondi che possono intercorrere tra le onde P e le onde S. Come segnalato su Scienza in rete da Alessandro Amato, ex direttore del centro nazionale terremoti dell'Ingv, in un territorio come l'Italia la distanza tra onde P ed S è, in prossimità dell'epicentro, di circa due secondi: un tempo del tutto insufficiente a qualsivoglia azione preventiva o di fuga. Peraltro entro 30 km dall'origine di un terremoto di 3.2 gradi Richter non è necessario alcun allarme acustico, perché anche le onde primarie si avvertono fin troppo bene. Spiega il geologo nel dettaglio che:

La storia sismica italiana insegna che i terremoti causano i danni e le vittime in prossimità dell’epicentro, dove la differenza di tempo tra le S e le P è dell’ordine di un paio di secondi (altro che decine!). Qui sotto un esempio: si tratta del terremoto del 6 aprile 2009 all’Aquila registrato al sismometro AQU dell’Ingv, ubicato in prossimità della città, nel Forte Spagnolo. L’onda S, quella più energetica, arriva meno di 2 secondi dopo la P. Lo stesso discorso vale per le aree danneggiate dai terremoti emiliani del 2012, del Molise del 2002, dell’Umbria-Marche del 1997 e così via: danni seri entro una ventina di chilometri dall’epicentro, tempi S-P di pochissimi secondi.

E' possibile che, nonostante la storia italiana insegni che le vittime dei "nostri" terremoti si collochino non troppo lontano dall'epicentro, chi si trova a decine di chilometri di distanza voglia comunque mettersi al riparo. Alessandro Romano nel suo post prende in considerazione gli effetti del terremoto dell'Aquila del 2009 su Roma. In questo caso i chilometri aumentano (diventano 90) e così anche il tempo S-P. Ma non si arriva affatto ai 60 secondi ipotizzati dal Corriere; al più ad 11. Quello dell'Aquila, come noto, fu un terremoto terribile, che a Roma però causò danni lievi. Che utilità avrebbe avuto SismAlarm nella Capitale, dove i danni furono minori, dove 11 secondi servono pressoché a nulla e dove fu necessario prima di tutto destarsi e rendersi conto dell'accaduto? Per arrivare ai 60 secondi del Corriere bisognerebbe probabilmente attestarsi intorno ai 400 km di distanza dall'epicentro: una lontananza che non giustifica né allarmismi, né tantomeno allarmi.

Orgogliosamente italiano, SismAlarm è prodotto dalla Guardian srl (che ha sede a San Marino). Stando alle parole riportate dal Corriere e pronunciate dall'amministratore delegato della società, Maurizio Taormina, questo dispositivo sarebbe un po' la nuova frontiera del Made in Italy nel mondo, dato che "ci sono arrivate diverse richieste da altri Paesi, dalla Turchia alla Grecia, dagli Stati Uniti al Sud America". Peccato che in Italia, a dicembre, il Dipartimento della Protezione civile ha presentato una segnalazione all'Autorità garante della Concorrenza e del Mercato per pubblicità ingannevole. Lo spot, secondo la Protezione Civile,

sembra indurre il consumatore a sentirsi "al sicuro" acquistando il prodotto: i messaggi veicolati sono privi dei necessari riferimenti alle caratteristiche dei forti terremoti che potrebbero colpire l'Italia, in cui il raggio di azione del fenomeno distruttivo è tipicamente limitato, con conseguenti tempistiche di allerta nulle, ovvero di pochi decimi di secondo o pochi secondi, nelle aree epicentrali in cui possono manifestarsi condizioni di pericolo per le persone.

L'impressione della sicurezza, insomma, è a buon mercato (SismAlarm costa meno di 100 euro). La sicurezza, invece, richiede complesse e costose modifiche strutturali degli edifici. Per ora il Made in Italy sulla materia – nonostante l'impegno e il valore dei nostri studiosi – sembra essere la lentezza con la quale le autorità mettono in sicurezza il paese, strette da un lato da percorsi burocratici macchinosi e dall'altro da decisioni politiche viziate da interessi clientelari.

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