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Sigarette elettroniche, pochi mesi di “svapo” alterano i batteri orali: rischio infezioni e cancro

Ricercatori americani dell’Università Statale dell’Ohio hanno dimostrato che basta usare le sigarette elettroniche per pochi mesi per alterare la flora batterica del cavo orale, rendendola simile a quella di chi soffre di parodontite grave. Per gli scienziati è una bomba a orologeria che aumenta il rischio di patologie gengivali e persino cancro.
A cura di Andrea Centini
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La sicurezza delle sigarette elettroniche è un tema delicato che ha scatenato aspri dibattiti tra opinione pubblica e comunità scientifica, portando anche a clamorosi “inciampi” e passi indietro dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, costretta a ritrattare rapidamente i dati di un controverso rapporto. Per moltissimi scienziati non ci sono dubbi che lo “svapare” rappresenta una pratica più sicura del fumo tradizionale, ma ciò non significa affatto che l'uso dei cosiddetti ENDS (Electronic Nicotine Delivery Systems) sia esente da rischi. A dimostrarlo c'è un nuovo studio, dal quale è emerso che il cavo orale dei fruitori delle sigarette elettroniche pullula di microbi potenzialmente pericolosi, in grado di scatenare un ampio ventaglio di patologie: dalle comuni malattie gengivali al cancro della bocca.

A scoprire l'alterazione nella flora batterica orale degli “svapatori” è stato un team di ricerca americano guidato da scienziati della Divisione di Parodontologia presso l'Università Statale dell'Ohio, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi di altri centri di ricerca dell'ateneo, tra i quali il Wexner Medical Center e il James Comprehensive Cancer Center. Gli scienziati, coordinati dalla professoressa Purnima S. Kumar, docente di Parodontologia presso l'università di Columbus, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver raccolto e analizzato campioni di placca da oltre 120 persone, così suddivise: 25 fumatori; 25 non fumatori; 20 consumatori di sigarette elettroniche; 25 ex fumatori che usano sigarette elettroniche e 28 persone che utilizzano sia le sigarette elettroniche che le “bionde” tradizionali.

Dall'analisi dei dati è emerso che il cavo orale dei fruitori di sigarette elettroniche era un vero e proprio coacervo di batteri pericolosi, la cui composizione era assimilabile a quella di chi soffre di parodontite, un'infiammazione delle gengive che può sfociare nella perdita dei denti, oltre che fattore di rischio per malattie cardiache e polmonari quando non viene trattata. “Abbiamo scoperto una sovrarappresentazione dei patogeni, firme di virulenza più elevate e un segnale proinfiammatorio rapido nei fruitori di sigarette elettroniche clinicamente sani, condizioni equivalenti a quelle dei pazienti con parodontite grave”, hanno scritto gli studiosi nel proprio studio. Poiché la comparsa di questa alterazione microbica è stata osservata nell'uso di liquidi con e senza nicotina, gli scienziati ritengono che a rompere l'equilibrio del cavo orale siano il glicole e il glicerolo ricchi di carbonio. L'accumulo di questi microbi è stato osservato in giovani “svapatori” (con un'età compresa tra i 21 e i 35 anni) che avevano usato le sigarette elettroniche per un periodo di tempo compreso tra 4 e 12 mesi, dunque piuttosto breve. Un profilo batterico alterato è stato trovato anche nei fumatori tradizionali. "Se smetti di fumare e inizi a svapare, non ti sposti verso un profilo batterico sano, ma passi al profilo dello svapo", ha dichiarato la professoressa Kumar.

L'anomalia più preoccupante rilevata dagli scienziati è stato l'eccessivo livello di stress della comunità microbica, che rispondeva ai vapori dello svapo producendo una sorta di muco: poiché questa “melma” confonde il sistema immunitario, abituato a “riconoscere” come amiche le colonie batteriche naturalmente presenti nel cavo orale, si innesca un processo infiammatorio che aumenta il rischio di malattie. Gli scienziati hanno confermato lo sviluppo di questa alterazione batterica anche attraverso un modello che simulava la bocca di un svapatore. L'alterazione del biofilm dei batteri era osservabile a sole 24 ore dall'azione. I dettagli della ricerca sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica Science Advances.

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