Siberia, si apre enorme voragine: la chiamano “La porta dell’Inferno”
I cambiamenti climatici, com'è noto, rappresentano una delle principali minacce per il futuro del nostro pianeta, in particolar modo il fenomeno del riscaldamento globale, il quale, catalizzato dalle attività antropiche, oltre ad alterare gli equilibri ecologici potrebbe avere un impatto socioeconomico devastante entro il 2100, provocando, in base alle previsioni di alcune ricerche, catastrofiche inondazioni a causa dello scioglimento dei ghiacci e il conseguente innalzamento del livello dei mari. Tra le più evidenti conseguenze del riscaldamento globale vi sono modifiche nel comportamento di molte specie – basti pensare all'invasione di pesci tropicali nel Mar Mediterraneo – ma le alte temperature stanno avendo effetti sensibili anche sul territorio attraverso fenomeni alla stregua del termocarsismo, ovvero lo scioglimento dello strato di permafrost che provoca la formazione di profonde voragini, talvolta accompagnate da bacini paludosi. Benché esso sia visibile anche sulle Alpi Svizzere e sull'Himalaya, è nelle zone limitrofe al Circolo polare artico – come il Canada settentrionale – che il fenomeno genera i crateri più imponenti. Uno dei più spettacolari si è creato in Siberia, alle porte della città di Batagai nel distretto di Verkhoyansk, dove ha raggiunto il chilometro di lunghezza per ben cento metri di profondità.
Soprannominato la “Porta dell'Inferno” dagli abitanti della vastissima Jacuzia, che hanno timore persino ad avvicinarvisi a causa dei tonfi di sassi e detriti che precipitano sul fondo dai bordi, il cratere di Batagaika ha iniziato a formarsi attorno al 1960 per una serie di eventi, ma è stato l'impatto del riscaldamento globale, particolarmente sensibile in Siberia, che l'ha reso così unico e affascinante. Il fenomeno si avviò per cause squisitamente artificiali, con il taglio della foresta per la realizzazione di una strada tra Batagai e alcuni impianti industriali dell'area; ciò ha provocato smottamenti del terreno che successivamente è franato su se stesso a causa dello scioglimento del permafrost. Le inondazioni avvenute del 2008 hanno ulteriormente ampliato la depressione, ma oggi è il riscaldamento globale ad avere l'impatto maggiore, provocando una crescita del cratere stimana in quindici metri all'anno.
La peculiare formazione della “Porta dell'Inferno” l'ha resa un importantissimo sito di studi scientifici, un vero e proprio laboratorio a cielo aperto per paleontologi e geologi, che qui, all'interno dei vari strati emersi dal collasso, hanno trovato diverse specie estinte di grande interesse, come la carcassa di un cavallo vissuto nell'Olocene, un mammut, bisonti e alci, oltre che diverse specie di piante superiori. Una recente spedizione di ricercatori dell'Università del Sussex (Gran Bretagna) e dell'Istituto di Ecologia Applicata del Nord (NEFU) ha scoperto che gli strati di terreno analizzati sono ben più antichi di quanto stimato in precedenza, ovvero 200.000 anni anziché 120.000: “Il nostro progetto di ricerca nell'area – ha sottolineato il professor Julian Murton dell'ateneo britannico – ci permetterà di confrontare i dati con fenomeni simili presenti in Groenlandia, Cina e Antartide. I dati sugli strati più antichi e sulla vegetazione ci aiuteranno a ricostruire la storia della Terra”. I campioni organici raccolti sono stati perfettamente conservati grazie allo stato di permafrost e gli studiosi li hanno inviati presso l'Istituto di Problemi Fisico-chimici e Biologici di Pushchino per analisi più approfondite.
[Foto copertina di Alexander Gabyshev]