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Shell ferma le trivelle nell’Artico (per il momento)

Grande l’entusiasmo di Greenpeace che ha comunicato la notizia.
A cura di Redazione Scienze
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artico shell ferma le trivelle

L'annuncio è di poche ore fa ed è stato immediatamente diffuso da Greenpeace: i piani di trivellazione dell'Artico della Royal Dutch Shell, per quest'anno, si fermeranno qui. Grande l'esultanza dell'associazione ambientalista, ma anche di tutti gli utenti della rete che, nei sei mesi scorsi, hanno testimoniato la propria preoccupazione per l'evolversi della vicenda attraverso l'adesione a Save the Arctic: la campagna, promossa grazie a dimostrazioni svoltesi in tutto il mondo e l'occupazione a oltranza da parte degli attivisti della piattaforma diretta nell'Artico, vanta anche sostenitori eccellenti quali Penelope Cruz e Paul McCartney.

Un movimento cresciuto rapidamente, con quasi due milioni di firme raccolte e la diffusione in tutto il mondo, tramite Facebook e Twitter, del messaggio di Ribellione Artica: con due milioni di occhi puntati addosso, il gigante olandese dell'energia sapeva che anche un piccolo passo falso si sarebbe rivelato fatale. Così ha deciso di fare dietrofront, dopo un investimento di 5 miliardi di dollari ed un impegno durato sette anni, rispondendo indirettamente all'interrogativo che le altre compagnie petrolifere iniziavano a porsi: ne varrà davvero la pena? La norvegese Statoil, ad esempio, aveva dichiarato tempo fa di essere in attesa di conoscere i movimenti della Shell per decidere se iniziare una campagna dello stesso tipo nell'Artico o lasciar perdere.

Complici delle proteste degli ambientalisti, le difficoltà tecniche incontrate e, soprattutto, l'approssimarsi del rigido inverno che impone condizioni proibitive che avrebbero alzato drasticamente le probabilità di trasformare le trivellazioni in qualcosa di altamente rischioso per l'ambiente. La vittoria, ad ogni modo, è ancora temporanea anche se questo inatteso ritiro lascia ben sperare: ma affinché l'Artico possa dirsi davvero fuori pericolo, non solo dal petrolio ma anche dalla pesca industriale che come un'ombra sempre più si allunga su uno degli ultimi mari incontaminati (o quasi) del Pianeta, la strada è ancora lunga. «Per salvare l'Artico dobbiamo trasformarlo in un santuario globale», sottolinea Greenpeace: un'area protetta appartenente a tutto il mondo e a tutta l'umanità.

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