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Se Monna Lisa non è Monna Lisa, ancora misteri attorno alla Gioconda

La studiosa tedesca Maike Vogt-Luerssen torna a parlare della sua ipotesi riguardante l’identità della più famosa delle donne ritratte da Leonardo da Vinci: il dipinto origine di tanti enigmi raffigurerebbe Isabella D’Aragona. E la prova certa potrebbe provenire dal DNA.
A cura di Nadia Vitali
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È la più famosa, la regina degli scatti da decenni a questa parte, la star indiscussa ed indiscutibile del Museo del Louvre che ha l'onore di ospitarla, talmente nota e talmente ammirata che, come vuole la miglior tradizione quando si parla di grandi celebrità, sul suo conto si è raccontato e ricamato, talvolta anche troppo: e se le voci e le dicerie sulla Gioconda non fossero sufficienti, le leggende sul suo autore Leonardo da Vinci hanno visto una fioritura pressoché illimitata, soprattutto negli ultimi anni. E così, mentre nel Salone dei Cinquecento a Palazzo vecchio proseguono le ricerche della Battaglia di Anghiari, dipinto murale incompiuto "salvato" da Giorgio Vasari che, nel realizzare le decorazioni della sala, avrebbe preservato l'opera grazie ad una intercapedine, mentre c'è  chi scava per cercare i resti di Monna Lisa nel convento di Sant'Orsola a Firenze, non finiscono le ipotesi in merito all'identità della donna più celebre del Rinascimento.

Monna Lisa… o Isabella? –  La studiosa tedesca  Maike Vogt-Lüerssen è recentemente tornata a proporre la propria ipotesi che identificherebbe in quel volto dal sorriso enigmatico non, secondo la tesi comunemente accettata, Lisa Gherardini, sposa del mercante fiorentino Francesco del Giocondo, bensì Isabella d'Aragona, figlia dell'erede al trono di Napoli Alfonso II e di Ippolita Maria Sforza, colta e sventurata duchessa di Milano. Nata sotto i migliori auspici dell'epoca, Isabella d'Aragona seguì le pieghe di un destino che la portò ad essere la sposa infelice di Galeazzo Maria Sforza, in una sorta di «esilio» a Pavia voluto da Ludovico il Moro che non si conveniva al suo carattere fiero e al suo status di duchessa della città lombarda. Secondo la ricercatrice e storica dell'arte, che ha esposto recentemente i risultati dei suoi accurati studi in occasione di una conferenza tenutasi a Palazzo Medici Riccardi, Isabella d'Aragona, dopo la morte del marito, avrebbe addirittura sposato in seconde nozze l'amato Leonardo da Vinci che, ricordiamo, fu tra i principati pittori di corte degli Sforza tra il 1482 e l'alba del 1500. Dal maestro avrebbe avuto cinque figli, due dei quali riposerebbero accanto alle spoglie della madre nella sagrestia del Convento di San Domenico Maggiore a Napoli: e proprio lì, secondo quanto sostiene Maike Vogt-Lüerssen sulla base delle proprie indagini, si troverebbero anche i resti dello stesso Leonardo, in realtà mai sepolto ad Amboise in quella tomba che venne successivamente profanata. Resti sarebbero stati dispersi tra la Chiesa napoletana, la Chiesa di San Nicola di Bari e la Chiesa di Vaprio d'Adda. Unica soluzione al mistero, riesumazione ed esami del DNA per smentire o confermare quello che la studiosa ha ricostruito principalmente sulla base di fonti storiche dell'epoca: attraverso le analisi ed il confronto con i figli di Isabella d'Aragona si potrebbe trovare la soluzione all'interrogativo. E, si sa, quando c'è di mezzo Leonardo da Vinci facilmente le porte della ricerca si dischiudono nel tentativo di offrire risposte ai grandi enigmi che accompagnano vita e morte del genio.

Questione di simboli e dettagli  Ma cosa ha indirizzato principalmente Maike Vogt-Lüerssen verso questa strada? Anzitutto il tentativo di comprendere quei simboli che, troppo spesso, vengono letti sulla base di quelle che sono interpretazioni assolutamente contemporanee ed incoerenti con la natura reale di un linguaggio di cui si è perso il significato: cogliere tutti i dettagli che possono narrare molto all'acuto osservatore che conosce la storia del Rinascimento. Ecco, allora, come particolari tra i più ordinari (ricordiamo che nel dipinto  è stato intravisto di tutto, da cifre misteriose allo stesso Leonardo da Vinci in un autoritratto in versione muliebre) possono comunicare molto più di quanto non si creda: il ricamo dell'abito di Monna Lisa, o chi per lei, ad esempio. Un vestito utilizzato dalle donne della famiglia Sforza per la seconda fase del periodo di lutto, descritto da una fonte dell'epoca come «verde scuro, con le maniche in velluto nero e un velo sulla testa che copriva fino agli occhi e l'usuale pettinatura al di sotto di questo»: secondo Maike Vogt-Lüerssen, indossato da Isabella d'Aragona in occasione della morte dell'amata madre Ippolita avvenuta nel 1488. Su di esso, un ricamo che richiamerebbe i simboli del casato milanese.

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Perché Monna Lisa non è Monna Lisa? – Ma gli indizi, naturalmente, non finiscono qui: ci sono fonti in cui uno dei presunti figli di Isabella e Leonardo si rivolge al maestro appellandolo come il migliore tra i padri e poi le Vite di Giorgio Vasari che riferiscono di quel ritratto, mai perfettamente rifinito, di proprietà del Re di Francia Francesco I senza, tuttavia, soffermarsi su dettagli in verità significativi quali potevano essere l'assenza di sopracciglia o le imperfezioni. Solo un accenno al sorriso magnifico che, in tanti altri dipinti del genio Leonardo, era possibile riscontrare: eppure c'è da credere che, considerando il clamore che nei secoli a venire il quadro suscitò, almeno un riferimento al più enigmatico dei volti doveva pur trovarsi. Oltretutto, Maike Vogt-Lüerssen evidenzia anche l'impossibilità che Lisa Gherardini potesse essere effettivamente la signora Giocondo: era uso dell'epoca, infatti, che le donne una volta maritate continuassero a portare il nome di famiglia senza prendere quello dei mariti. Insomma, nel rileggere fonti e documenti dell'epoca, l'opinione della storica dell'arte è che, inevitabilmente, bisogna concludere che Lisa Gherardini non potrebbe in alcun modo essere La Gioconda ritratta.

Una storia da riscrivere? I fili da tirare per ritessere una trama,  per il momento, ci sono: certo, come in tutte le indagini a ritroso nel tempo, lavorare un po' di fantasia diventa quasi un obbligo, pur tenendo saldi i riferimenti ai documenti e alla storia che, da soli, potrebbero aiutare a svelare un mistero che ha catturato l'attenzione di studiosi di ogni tipo per secoli. La ricerca di Maike Vogt-Lüerssen potrebbe costituire la chiave di volta per risolvere il giallo? La risposta, come direbbe lei stessa, potrebbe essere rinchiusa in quel convento napoletano dove Leonardo riposerebbe: in attesa, dunque, di un'apertura che non potrebbe essere improbabile, non resta che continuare ad arrovellarsi sull'eterno arcano, confrontando le immagini di Isabella d'Aragona con il celebre dipinto (e scoprendo, effettivamente, curiose rassomiglianze). O, in alternativa, godersi silenziosamente le opere del maestro Leonardo da Vinci, che senza intrighi inspiegabili alle spalle, restano sempre di una bellezza sublime.

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