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Scopre la vorticità del campo magnetico, ma in Italia è un precario

È il caso di Fabrizio Tamburini, dell’Università di Padova, dove non ha una cattedra e prende 1350 euro al mese. La sua scoperta è destinata non solo a cambiare le conoscenza della fisica dell’elettromagnetismo, ma anche a offrire nuove prospettive commerciali per le radiofrequenze.
A cura di Roberto Paura
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elettromagnetismo

Quella di Fabrizio Tamburini è una storia tutta italiana. Nato a Venezia, la famiglia proviene da una grande tradizione artigiana del veneziano, l’oreficeria. Ma ai laboratori orafi Fabrizio ha preferito i laboratori di fisica, seguendo la passione che lo ha guidato fin da bambino, quella per lo spazio. L’approfondisce all’oratorio, dove i frati francescani tengono lezioni di astronomia, per poi sbarcare all’Università di Padova e ottenere una laurea con lode. Il dottorato lo ha preso in Inghilterra, specializzandosi in relatività generale e meccanica quantistica, i due grandi paradigmi della scienza. Pubblica su riviste prestigiose, interviene a simposi internazionali frequentati da premi Nobel. Ma, per stare vicino ai genitori e ai loro problemi, torna in Italia e riesce a strappare un assegno di ricerca in fisica a Padova. Uno, due anni. Niente posto fisso, niente cattedra, uno stipendio da 1350 euro al mese. A 48 anni. Insomma, un precario; che però è ormai noto in mezzo mondo per una scoperta davvero rivoluzionaria.

La vorticità dell'onda

Il suo team di ricerca all’Università di Padova ha infatti scoperto una proprietà finora ignota delle onde elettromagnetiche: la vorticità. L’intuizione è giunta dallo studio dei buchi neri e della radiazione da loro emessa. La vorticità elettromagnetica è ciò che fornisce informazioni sulla sorgente da cui proviene, ma al di là dell’interesse di fisica pura ha un’importante applicazione pratica: può infatti essere sfruttata come un canale di trasmissione. È noto che le frequenze disponibili per le telecomunicazioni si stanno riducendo sempre di più: ce n’è bisogno per la radio, la televisione, Internet e i dispositivi wireless in genere. Sfruttando la vorticità delle onde radio, spiega Tamburini, ogni singola frequenza vede centuplicare i canali disponibili (rispetto ai 5 canali per frequenza di oggi), risolvendo per sempre il problema.

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“Stiamo costruendo delle antenne particolari che riescono a imprimere vorticità alle onde radio” spiega Tamburini. “Quello che abbiamo in mente è di ottenere una trasmissione di tali onde su grandi distanze nel mondo reale, non più in laboratorio. In questo modo potremo trasmettere più canali sulla stessa frequenza, perché sfruttando i diversi gradi di vorticità di un’onda è come se avessimo diversi canali sui quali ricevere e trasmettere informazioni utilizzando solo una frequenza”. Il concetto era stato studiato tra gli altri da Ettore Majorana ed è stato ripreso da scienziati internazionali tra cui Michael Barry dell’Università di Bristol, tra i massimi esperti delle proprietà quantistiche delle onde, e Anton Zeilinger dell’Università di Vienna, primo ad aver realizzato il teletrasporto dei fotoni e celebre in Italia per il suo best-seller Il velo di Einstein. Il nuovo mondo della meccanica quantistica.

I vortici ottici su cui si basa la scoperta dell’équipe di Tamburini, sfruttano una singolarità delle onde elettromagnetiche. Queste onde, a seconda del loro momento angolare, viaggiano circondati da una sorta di aureola luminosa a forma di ciambella, o “toro”. Particolari antenne possono interagire con questi stati delle onde elettromagnetiche. Che non si tratti di un’invenzione, Tamburini lo ha dimostrato – novello Marconi – in un esperimento davanti al pubblico tenutosi in piazza San Marco, a Venezia, lo scorso luglio, con la collaborazione del professor Bo Thidé dell’Università di Uppsala (con il quale Tamburini ha firmato la scoperta pubblicata l’anno scorso su Nature Physics).

“L’esperimento veneziano è un nuovo metodo per comunicare con le onde elettromagnetiche sfruttando le proprietà del campo elettromagnetico, come le vorticità e il momento angolare orbitale, e che permettono di creare una serie di canali su una stessa frequenza”, sottolinea Tamburini. “Oltre alla classica sintonia orizzontale si può avere anche una sintonia verticale dando ampio spazio alle telecomunicazioni”. Insieme a Fabrizio Tamburini, l’équipe di ricerca è composta da Filippo Romanato, professore a Padova e direttore del Laboratorio la Nanofabbricazione di Nanodispositivi di Venetonanotech, dove sono state realizzate le prime prove di trasmissione, da Antonio Bianchini del Dipartimento di Astronomia di Padova, da Anna Sponselli ed Elettra Mari del Dipartimento di Astronomia e di Fisica dello stesso ateneo, insieme a Gabriele Anzolin dell’Istituto di scienze fotoniche di Barcellona. Per rendere pratica la scoperta, sono necessarie particolari antenne paraboliche che captino l’andamento a spirale delle onde vorticose e siano capaci di distinguere le varie fasi dell’onda, in modo da trasmettere e ricevere più canali su una stessa frequenza.

Dalla teoria alla pratica, e viceversa

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Non solo applicazioni pratiche, comunque. O meglio, l’applicazione nelle telecomunicazioni viene dopo. La scoperta infatti proviene da uno studio di fisica teorica applicato ai buchi neri supermassicci presenti al centro di galassie come la nostra. È possibile misurare la turbolenza del gas interstellare mediante la vorticità ottica. “Quest’anno siamo riusciti a legare alle equazioni della relatività generale di un buco nero rotante la produzione di vorticità elettromagnetica”, racconta Tamburini alla webradio dell’INAF, l’Istituto Nazionale di Astrofisica. “Quando un buco nero ruota, crea un vortice spazio-temporale che trascina dietro di sé come in un gorgo lo spazio e il tempo. Questo vortice crea una distorsione del fronte d’onda tale da dare una caratteristica ben precisa, un’impronta digitale, dovuta alla rotazione del buco nero, nella luce che viene deflessa dal buco nero. Quindi abbiamo una misura ‘diretta’ della rotazione del buco nero e in pratica riuscirà ad aprire nuove frontiere nei nuclei galattici attivi, nella comprensione della rotazione delle galassie e tutto il resto”.

L’esperimento veneziano è costato all’équipe di ricerca cinquemila euro, pagati di tasca propria per la costruzione delle antenne a spirale. L’università non ha voluto saperne. Per questo, il ricercatore sta pensando di accettare le proposte giunte dalle Università di Vienna e di Glasgow, che offrono stipendi maggiori e laboratori all’avanguardia. Tutto l’amore per il Bel Paese, allora, non basterà per evitare un nuovo caso di fuga di cervelli. Come già avvenne per Fermi e Marconi.

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