Scoperto un secondo tipo di variante Omicron più difficile da identificare
Un secondo tipo di variante Omicron, geneticamente distinto dal lignaggio già conosciuto, è stato rilevato per la prima volta tra i genomi di coronavirus sequenziati in Sudafrica, Australia e Canada. Designato con la sigla BA.2, il nuovo lignaggio è stato finora individuato in sette casi di Covid dopo che negli ultimi giorni i ricercatori hanno notato che alcune sequenze virali, inizialmente attribuite alla variante Omicron standard (B.1.1.529, ora rinominata BA.1) non presentavano tutte le mutazioni caratteristiche di questo lignaggio, oltre a mostrarne di nuove.
In particolare, questo secondo tipo di Omicron, manca di un cambiamento genetico che consente di utilizzare i test molecolari come strumento rapido per individuare i casi sospetti in attesa di conferma dal sequenziamento. In altre parole, quando si utilizza un test molecolare per verificare l’eventuale positività al coronavirus, in caso di infezione da variante Omicron standard, uno dei tre geni bersaglio utilizzati per rilevare la presenza del virus non viene identificato (un fenomeno chiamato dropout del gene S o fallimento del bersaglio del gene S). In caso invece di infezione da variante Omicron BA.2, questo non avviene, in quando il genoma del virus manca di una specifica mutazione sul gene S (la delezione 69/70), lasciando al solo sequenziamento dell’intero genoma virale la possibilità di distinguere di quale tipo di variante si tratti.
D’altra parte, questa differenza a livello genetico suggerisce che “i due lignaggi potrebbero comportarsi in modo diverso” ha affermato al Guardian Francois Balloux, direttore del Genetics Institute dell’University College di Londra, sebbene sia ancora troppo presto per trarre conclusioni sulle caratteristiche di questa seconda versione di Omicron.
Secondo la genetista Emma Hodcroft dell’Univeristà di Basilea, la mancanza del dropout del gene S nei test molecolari implicherebbe il rischio che “ci sia più Omicron di quanto pensiamo” ha affermato al Financial Times, precisando poi in un tweet che i test molecolari permettono comunque di rilevare la positività al coronavirus. “Vuol dire che non possiamo usare “scorciatoie” per trovare possibili casi di Omicron solo per BA.2 – ha indicato Hodcroft – Tuttavia, i test molecolari funzionano ancora”.
Ad ogni modo, questa versione “invisibile” del virus, come informalmente chiamata da alcuni ricercatori proprio perché non può essere distinta dalle altre utilizzando soltanto il test molecolare, mostra anche una serie di mutazioni presenti nel lignaggio Omicron segnalato come “variante di preoccupazione” dall’Organizzazione Mondiale di Sanità. Tuttavia, indicano gli esperti “non c’è ancora nulla di cui aver paura” ha affermato Vinod Scaria, clinico e biologo computazione presso l’Istituto di genomica e biologia intergrativa del Consiglio nazionale delle ricerche indiano (CSIR). Anche David Stuart, professore di biologia strutturale all’Università di Oxford è d’accordo. “Non credo che ci sia motivo di pensare che sia una minaccia più grande della forma di Omicron che si sta diffondendo in questo momento nel Regno Unito” ha affermato al Financial Times.
Come per Omicron standard, una delle principali incognite è come sia emersa questa nuova variante. Sebbene in parte simile a BA.1, secondo alcuni ricercatori è così geneticamente distinta che potrebbe essere classificata come una nuova “variante di preoccupazione” se si diffonderà rapidamente. Avere due varianti, BA.1 e BA.2, che si presentano in rapida successione con mutazioni condivise è “preoccupante”, suggerendo che il monitoraggio delle varianti del coronavirus “manca di un grosso pezzo del puzzle”.