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Scoperto il gene che ostacola la cura del tumore al colon

Lo studio dei ricercatori dell’Università di Milano Bicocca potrebbe costituire il punto di partenza per la messa a punto di terapie più efficaci.
A cura di Nadia Vitali
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Un gene sarebbe il principale responsabile del fallimento delle cure tradizionalmente adottate nell'ambito delle terapie contro il tumore al colon: il suo nome è GSK 3B e la sua scoperta si deve ad un gruppo di ricercatori del dipartimento di Chirurgia e Medicina Interdisciplinare dell'Università di Milano Bicocca guidato da Marialuisa Lavitrano, direttore del laboratorio di Medicina Molecolare e presidente di BiOnSil, lo spin-off dell'ateneo milanese. Lo studio apre alla possibilità di un nuovo approccio farmacologico alla malattia che preveda l'uso congiunto dei medicinali a cui si ricorre generalmente in associazione con inibitori del gene imputato; i dettagli del lavoro sono stati pubblicati dalla rivista Clinical Cancer Research.

La resistenza ai farmaci – Il trattamento classico adottato, ormai da decenni, come mezzo di contrasto del carcinoma al colon è a base di 5-fluorouracile: nel tempo è stato sovente riscontrato come una parte dei pazienti sviluppi una resistenza contro tale farmaco dopo pochi cicli di terapia che lo rende, di fatto, inefficace. Nel corso di un lavoro di ricerca durato otto anni, gli scienziati hanno individuato ed identificato 49 geni coinvolti in tale fenomeno: tra questi, la molecola GSK 3B (Glycogen Synthase Kinase) è la prima sulla quale sono stati portati a termine gli studi volti a dimostrare l'effettiva correlazione con la resistenza ai farmaci. Contestualmente, uno studio retrospettivo è stato condotto su una coorte di cinquanta soggetti colpiti dal tumore del colon: i pazienti, sottoposti a terapia con il chemioterapico 5-fluorouracile, sono stati seguiti per dieci anni. Questo ha consentito ai ricercatori di dimostrare come la presenza di GSK 3B risulti essere associata alla progressione della malattia, generando una risposta peggiore alle terapie e, dunque, abbassando le probabilità di sopravvivenza.

Un farmaco inibitore per la terapia – «In questo articolo dimostriamo, con esperimenti in vitro e in vivo nel modello animale, che GSK 3B è coinvolto nella farmaco-resistenza del carcinoma del colon umano. Negli esperimenti in vitro abbiamo dimostrato che, bloccando GSK 3B, cellule tumorali resistenti diventano sensibili all'azione del chemioterapico scoprendo anche la via molecolare che viene attivata per indurne la morte. Questa scoperta è molto importante dal momento che l’incapacità della cellula tumorale di innescare il processo di morte è la principale causa della farmaco-resistenza» ha spiegato la dottoressa Lavitrano nel comunicato dell'Università di Milano. Per adesso sono stati osservati gli effetti positivi di un inibitore per GSK 3B soltanto in via sperimentale: il farmaco, Litio Cloruro, viene utilizzato da tempo clinicamente per intervenire su disordini neurologici come l'epilessia e la depressione; ora sembra aver svelato nuove fondamentali proprietà che potrebbero fornire un importantissimo aiuto nella lotta ad una malattia che, sebbene negli ultimi anni sia diventata in percentuale meno mortale, continua a colpire in maniera crescente.

Alcuni numeri – Diffuso principalmente nei paesi industrializzati, il carcinoma del colon colpisce soprattutto in Nord America ed in Europa. Nei Paesi occidentali costituisce il terzo tumore maligno per incidenza e mortalità, dopo quello della mammella nella donna e quello del polmone nell'uomo. Raro è l'insorgere della malattia prima dei quarant'anni, mentre la frequenza cresce a partire dai 60 anni, raggiungendo il picco verso gli 80; in egual misura colpisce sia uomini sia donne (dati AIRC). In merito alle cause, non è stata ancora fatta del tutto chiarezza: tra le diverse, ne sono state individuate alcune di tipo genetico, altre di matrice ereditaria ma, negli ultimi anni, certamente tra i fattori di rischio il più studiato è stato quello collegato alla dieta. Lungi dal costituire la sola risposta contro questo male (di fatto, gli esiti delle varie ricerche hanno dato vita anche a risultati contrastanti), l'alimentazione povera di grassi animali e proteine, ma ricca di fibre e vegetali, viene da tempo guardata come una possibile forma di prevenzione. Per quanto riguarda la cura, oltre naturalmente alla chirurgia, la chemioterapia costituisce ancora una risorsa importante: una risorsa che, probabilmente in futuro, beneficerà anche della scoperta dei ricercatori dell'università milanese.

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