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Covid 19

Scoperti 30 ceppi del coronavirus, in Europa il più letale secondo una ricerca

Un team di ricerca cinese guidato dall’epidemiologa di fama internazionale Lanjuan Li ha scoperto 30 mutazioni nel coronavirus, che hanno dato vita a vari ceppi con un’aggressività di grado sensibilmente differente. Ciò potrebbe spiegare le differenze regionali rilevate nei tassi di mortalità. Il ceppo più letale circolerebbe in Europa e a New York.
A cura di Andrea Centini
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Il nuovo coronavirus visto al microscopio elettronico in falsi colori. Credit: NIAID-RML
Il nuovo coronavirus visto al microscopio elettronico in falsi colori. Credit: NIAID-RML
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Replicazione dopo replicazione, il coronavirus SARS-CoV-2 responsabile della COVID-19 avrebbe sviluppato mutazioni decisamente più significative di quanto stimato fino ad oggi da numerose ricerche. Attraverso di esse, infatti, avrebbero avuto origine ceppi virali caratterizzati da un'aggressività (patogenicità) sensibilmente superiore rispetto ad altri, persino nell'ordine di centinaia di volte. La diffusione di questi ceppi così diversi fra loro, si rifletterebbe negli eterogenei tassi di mortalità rilevati nei diversi Paesi e, in taluni casi, anche all'interno degli stessi. In Europa e a New York circolerebbe il ceppo più letale del coronavirus, e ciò spiegherebbe la mortalità sensibilmente superiore registrata in questi territori.

A determinare questa evoluzione del coronavirus SARS-CoV-2 è stato un team di ricerca cinese guidato da scienziati della Scuola di Medicina dell'Università Zhejiang di Hangzhou, che hanno lavorato a stretto contatto con i colleghi dello Zhejiang Provincial Key Laboratory of Pancreatic Disease, della University School of Medicine di Hangzhou e di altri istituti. I ricercatori sono stati coordinati dall'epidemiologa di fama internazionale Lanjuan Li, ricercatrice presso il National Clinical Research Center for Infectious Diseases del Primo Ospedale Affiliato di Zhejiang e nota per essere colei che ha invitato Pechino a mettere in lockdown Wuhan lo scorso gennaio. Gli scienziati sono giunti alle loro conclusioni dopo aver isolato i ceppi virali da 11 pazienti con COVID-19 ricoverati presso l'ospedale di Hangzhou, testandoli per verificare la loro capacità di infettare e uccidere le cellule umane in vitro.

Grazie a una tecnica chiamata “sequenziamento ultra-profondo” Li e colleghi hanno individuato 30 mutazioni significative, delle quali circa il 60 percento totalmente nuove. Nell'RNA virale estratto da un paziente di 60 anni anni hanno osservato tre mutazioni consecutive, un evento estremamente raro. Gli esperimenti sulle cellule con i vari ceppi hanno mostrato che i più aggressivi possono esprimere (potenzialmente) una carica virale fino a 270 volte superiore rispetto a quella dei più deboli, e ciò, come suggerito dagli studiosi, potrebbe spiegare le marcate differenze regionali nei tassi di letalità del coronavirus. Alcune delle mutazioni rilevate sembrano inoltre influenzare la Proteina S o Spike, quella che il patogeno usa come grimaldello per scardinare la parete cellulare e invadere le cellule umane, benché non ci siano ancora evidenze scientifiche a sostegno. Alla luce di questi risultati, Li e colleghi sottolineano che “la vera diversità dei ceppi virali è ancora ampiamente sottovalutata”.

Le mutazioni più letali rilevate dal team di ricerca sono state osservate soprattutto nei campioni virali di pazienti europei e di New York (dove il virus sarebbe arrivato proprio dall'Europa), mentre in altre parti degli USA, come nello Stato di Washington meno colpito, circolerebbe una variante più debole del patogeno. Nonostante queste differenze, gli autori dello studio affermano di non sottovalutare le varianti più deboli, poiché due pazienti di 50 e 30 anni con esse sono comunque finiti in terapia intensiva. I risultati della ricerca pubblicata nel database online MedrXiv sono del tutto preliminari e non ancora sottoposti a revisione paritaria, dunque andranno ulteriormente approfonditi e confermati.

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