Scienziati italiani scoprono il meccanismo che scatena la trombosi nei pazienti con coronavirus
Tra le possibili complicanze della COVID-19, l'infezione causata dal coronavirus SARS-CoV-2, vi è anche lo sviluppo della trombosi, ovvero la formazione di grumi di sangue (trombi) che possono ostacolare o addirittura bloccare il regolare flusso sanguigno. Non a caso si tratta di una condizione potenzialmente fatale. L'associazione tra trombosi e COVID-19 è nota sin da quando il patogeno ha iniziato a diffondersi a Wuhan (Cina) alla fine dello scorso anno, ma ancora non era chiaro il meccanismo in grado di scatenarla. Ora, grazie al lavoro di un gruppo di ricerca tutto italiano, è stato individuato. È una scoperta che potrebbe portare allo sviluppo di trattamenti efficaci contro il virus.
A scoprire come il coronavirus SARS-CoV-2 causa i trombi è stata una squadra guidata da scienziati della Divisione di Ematologia dell'Ospedale San Gerardo (principale nosocomio dell'Azienda Socio Sanitaria Territoriale – ASST di Monza) e dell'Università Bicocca di Milano, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi di altre divisioni dell'ospedale e del Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia presso la Fondazione Mamma e Bambino (MBBM). Gli scienziati, coordinati dal professor Carlo Gambacorti-Passerini, docente di Ematologia e direttore della Clinica Ematologica dell’ateneo milanese, hanno svelato questo meccanismo concentrandosi sulla tirosina chinasi-1 solubile fms-simile o sFlt-1, una proteina con spiccate proprietà antiangiogeniche (che impedisce la formazione di nuovi vasi).
Dalle analisi del sangue di pazienti con COVID-19, gli scienziati italiani hanno scoperto che i livelli di sFlt-1 aumentano fino a cinque volte durante il ricovero, di concerto con quelli del fattore di crescita placentare (placental growth factor – PlGF). Si tratta di due biomarcatori noti per una condizione chiamata preeclampsia o gestosi, una sindrome che colpisce le donne in gravidanza (che possono presentare edema, ipertensione e altro). Il marcatore sFlt-1 viene prodotto quasi esclusivamente dalle cellule endoteliali, quelle che rivestono la superficie interna dei vasi sanguigni, e che hanno come ruolo la regolazione della permeabilità dei vasi; la formazione di nuovi vasi, il controllo dell'infiammazione, dell'arresto di eventuali sanguinamenti e della formazione di coaguli nel flusso sanguigno.
Secondo gli autori dello studio, questa impennata di sFlt-1 e PlGF avviene quando il virus si lega al recettore ACE2 delle cellule umane, cui si aggancia attraverso la proteina S o Spike (in questo modo riesce a scardinare la parete cellulare, riversarsi all'interno e dare vita al processo di replicazione e dunque all'infezione). Ciò significa che il coronavirus SARS-CoV-2 può aggredire direttamente anche il tessuto endoteliale dei vasi sanguigni, determinando la soppressione dell'ACE2 e il conseguente aumento di sFlt-1 e PlGF, con la possibile formazione di trombi. “Questi risultati richiederanno conferma tramite studi prospettici, ma la loro rapida diffusione potrà permettere un trattamento più razionale ed efficace di questa nuova malattia”, ha dichiarato all'ADNKronos il professor Gambacorti-Passerini. I dettagli della ricerca “Increased sFLT1/PlGF ratio in COVID‐19: a novel link to Angiotensin II‐mediated endothelial dysfunction” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Americal Journal of Hematology.