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Scienziati annunciano due scoperte decisive contro l’HIV

Ricercatori di Stanford, negli USA, e di Queensland, in Australia, hanno individuato due terapie genetiche per impedire la diffusione del virus che provoca l’AIDS.
A cura di Roberto Paura
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Nel giro di un paio di giorni due prestigiose istituzioni di ricerca hanno annunciato scoperte potenzialmente decisive nella lotta contro l’AIDS. Sulla rivista Molecular Therapy, un’équipe della Stanford University ha dimostrato la possibilità di rendere le cellule T, le cellule del sistema immunitario colpite dal virus HIV, invulnerabili al contagio attraverso un’operazione genetica. Un gruppo dell’australiano Queensland Institute of Medical Research ha invece appena pubblicato sulla rivista Human Gene Therapy l’esito di un esperimento su una proteina che blocca la replicazione del virus dell’HIV. Ciò non impedisce la penetrazione del virus nell’organismo, ma ne ferma la diffusione impedendo che l’HIV si trasformi in AIDS. Di fatto, entrambe le scoperte aprono le porte a una possibile cura definitiva.

Rendere invulnerabili le cellule T

Negli ultimissimi anni, le speranze per una cura dell’AIDS sono diventate realtà. Sono in fase avanzata di sperimentazione vaccini che potrebbero garantire l’immunità al virus. E altri trial clinici vanno tutti nella direzione di offrire, nel giro di pochi anni, una terapia efficace. La speranza di vita, grazie ai farmaci retrovirali, è aumentata significativamente, ma per il momento non esiste ancora una cura né un vaccino. Il segreto, però, sarebbe nella genetica. Le due ricerche lavorano su due ambiti diversi: la prima mira a rendere le cellule immunitarie del nostro organismo invulnerabili al virus HIV, mentre la seconda ha come obiettivo il virus vero e proprio per bloccarne la replicazione.

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“Abbiamo disattivato uno dei recettori che l’HIV usa per ottenere l’accesso alle cellule immunitarie e aggiunto nuovi geni per proteggerle contro il virus, così da avere degli strati multipli di protezione”, ha spiegato il primo autore della ricerca di Stanford, Matthew Porteus. “Possiamo utilizzare questa strategia per creare cellule che siano resistenti a entrambe le forme principali di HIV”. Alla base, un sistema genetico di taglia-e-incolla che ha permesso di eliminare alcuni geni che producono dei recettori a livello della membrana cellulare, vere porte d’accesso che il virus usa per intrufolarsi nelle cellule T. Al posto dei geni “cavallo di Troia”, i ricercatori hanno inserito altri geni appositamente realizzati in laboratorio per offrire una totale impermeabilità all’HIV. Secondo il gruppo di Stanford, il nuovo approccio genetico potrebbe in prospettiva sostituire completamente il trattamento farmacologico che costringe oggi i pazienti a una somministrazione giornaliera di un cocktail di farmaci per ridurre la diffusione del virus e evitare che l’infezione si trasformi in AIDS.

Bloccare la moltiplicazione dell'HIV

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Nella stessa direzione va l’esperimento australiano, che ugualmente mira a rendere innocuo l’HIV ed evitare che il soggetto infettato contragga l’AIDS. David Harrich, a capo del gruppo dell'Università di Queensland che ha realizzato la ricerca, studia il virus dell’HIV dal 1989 ed è sicuro che la scoperta possa finalmente aprire la strada alla sconfitta della malattia. Il target del lavoro di Harrich si chiama “nullbasic”, una versione mutante della proteina Tat che il virus usa per replicarsi. È da oltre dieci anni che si sostiene la possibilità di operare sulla proteina per bloccare la moltiplicazione dell’HIV. Lo sviluppo tumultuoso delle tecniche genetiche, che vanno a incidere sull’RNA che il virus usa per produrre la proteina, permettono ora di rendere la soluzione a portata di mano.

“Quello che abbiamo fatto in concreto è prendere una normale proteina che il virus utilizza per crescere, e trasformarla, così che invece di assistere il virus essa di fatto ne impedisce la replicazione”, spiega Harrich. Anche in questo caso, si tratta di una terapia che può sostituire gli attuali trattamenti farmacologici. Un primo trial sugli animali inizierà quest’anno in Australia. Se la promessa della sperimentazione in laboratorio dovesse essere confermata senza rilevanti effetti collaterali, si procederà nei prossimi due anni a un trial su pazienti umani. Il virus dell’HIV resterà all’interno delle persone che lo hanno contratto, ma in stato latente senza degenerare nella sindrome dell’AIDS e quindi senza danneggiare il sistema immunitario.

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