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Sacrifici di bambini nell’antica Cartagine?

Prove archeologiche confermerebbero l’esistenza di pratiche sacrificali: lo studio che riapre un antico dibattito.
A cura di Nadia Vitali
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Il tofet di Cartagine
Il tofet di Cartagine

Gli antichi abitanti di Cartagine, i discendenti di quei coloni che giunsero lungo le coste africane al seguito della mitica regina Didone, avevano l'usanza di sacrificare i propri bambini: questo almeno emergerebbe da alcune testimonianze scritte, prima bibliche e poi greche e romane. Ma tali resoconti rispondevano effettivamente alla realtà?

L'interrogativo si era già posto nel passato per archeologi e storici ma, soprattutto negli ultimi decenni, aveva prevalso la tendenza a negare questa possibilità: in particolare, in molti evidenziavano come le fonti classiche fossero solite riportare cronache di fatti cruenti di questo genere (e quindi non soltanto in riferimento ai cartaginesi) spesso con intenti propagandistici negativi. E a  tal proposito non si può dimenticare come Cartagine fu una fiera nemica di Roma.

Una nuova ricerca sembrerebbe invece suggerire che tali rituali sacrificali trovassero effettivamente espressione nell'uccisione di bambini che venivano offerti alle divinità come un pasto crudele: ciò renderebbe inesatti i tentativi di interpretare i tofet nel mondo fenicio-punico semplicemente come aree destinate al culto religioso con annessa zona per i sacrifici degli animali nella quale trovavano posto anche le sepolture dei più piccoli, morti anzitempo. Queste le conclusioni a cui sono giunti gli studiosi di diversi Paesi, tra cui l'Italia, che hanno collaborato a far luce su questo "mistero" dell'antichità, pubblicate in un articolo della rivista Antiquity.

Il dubbio che tra i cartaginesi fosse diffusa tale pratica c'è sempre stato e non semplicemente a causa di quanto scritto nella Bibbia, dove si parla di un "passaggio attraverso il fuoco" per i fanciulli (che per la verità potrebbe essere anche un rito iniziatico, anche non necessariamente cruento); riferimenti nella storiografia greca, così come presso alcuni scrittori minori della romanità, costituivano un indizio. Un indizio al quale sono andate ad aggiungersi le prove, allorché i tofet iniziarono a venire alla luce, soprattutto nel XX secolo, non soltanto a Cartagine ma anche nei dintorni dove si collocavano le colonie fenicie, ossia sulle coste di Sardegna (presso Sulki, Monte Sirai, Nora) e Sicilia (a Mozia). Nei sepolcri, infatti, piccoli resti erano accuratamente sistemati nelle urne, coperti da pietre tombali sulle quali erano incisi spesso i ringraziamenti ai numi. Su una delle lapidi, inoltre, un'incisione che è stata interpretata come un sacerdote che recava in braccio il corpo di un piccolo bambino.

I ritrovamenti di ossa appartenute evidentemente a dei bambini avevano destato più di un sospetto negli archeologi, andando a formare quasi una prova, in particolare a causa della presenza di queste assieme ad iscrizioni rituali e resti bruciati di animali; alcuni studiosi, tuttavia, sostenevano che tali rinvenimenti fossero soltanto la testimonianza dell'affetto degli adulti verso i propri defunti più giovani che, in segno di rispetto, venivano sepolti nell'area sacra del tofet dopo una morte prematura. Ma il nuovo lavoro rigetta totalmente questa ipotesi, attraverso la spiegazione della dottoressa Josephine Quinn della University di Oxford che ha collaborato allo studio:

Le iscrizioni sono inequivocabili: di tanto in tanto abbiamo trovato la precisazione che "gli dei hanno ascoltato la mia voce e mi hanno concesso la benedizione". Non può essere che così tanti bambini morivano opportunamente nel giusto momento per diventare delle offerte e, in ogni caso, un bambino non in salute o addirittura morto sarebbe stato un ben misero omaggio alla divinità, con la paura che questi la rifiutassero. C'è inoltre il fatto che gli animali trovati nei siti sepolcrali, i quali erano indubbiamente offerte sacrificali, erano seppelliti esattamente allo stesso modo e spesso nelle medesime urne dove venivano collocati i bambini.

Insomma, pare proprio che questa pagina oscura dell'antico Mediterraneo potrebbe riaprirsi e, considerando la passione degli studiosi per i dibattiti, restare ancora a lungo di grande interesse. Ma la dottoressa Quinn, che assieme ai suoi colleghi nutre proprio pochi dubbi in merito al fatto che bambini della classe più elevata venissero sacrificati nell'antica Cartagine, si spinge oltre, arrivando ad ipotizzare che lo spostamento dei coloni provenienti dalla Fenicia (corrispondente al Libano moderno) verso le coste tunisine potrebbe esser stato causato proprio dalla disapprovazione da parte dei propri vicini territoriali per le loro violente pratiche religiose. Forse più un salto di fantasia, dato che di prove e testimonianze di questo, eventualmente, non ce ne sarebbe alcuna; ma comunque un'ottima ragione per continuare ad indagare su una storia antica ed affascinante che ci riguarda molto da vicino.

[foto: Wikipedia]

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