Ritardare a 3 mesi la seconda dose del vaccino Covid di Pfizer triplica i livelli di anticorpi
Ritardare a 3 mesi la seconda dose (il richiamo) del vaccino anti Covid di Pfizer-BioNTech può aumentare in modo significativo la concentrazione di anticorpi contro la proteina S o Spike del coronavirus SARS-CoV-2. Questo incremento delle immunoglobuline neutralizzanti, infatti, può essere fino a 3,5 vote superiore rispetto a quello ottenibile con una seconda dose a 21 giorni, ovvero l'intervallo di tempo stabilito durante gli studi clinici e per il quale è stata determinata l'efficacia del vaccino al 95 percento contro la forma sintomatica dell'infezione (COVID-19). Anche il vaccino Vaxzevria di AstraZeneca ha mostrato benefici col ritardo della seconda dose. Questi dati sono stati osservati in anziani britannici, dopo la decisione del Regno Unito di prolungare il tempo del richiamo per permettere a quante più persone possibili di ottenere almeno la prima dose.
A determinare che posticipare il richiamo a 12 settimane determina un aumento della risposta anticorpale è stato un team di ricerca dell'Università di Birmingham in stretta collaborazione col Coronavirus Immunology Consortium del Regno Unito. L'indagine, finanziata da UK Research and Innovation (UKRI), National Institute for Health Research (NIHR) e British Society for Immunology, ha coinvolto 175 persone di età superiore a 80 anni (tutte indipendenti), fra le quali in 99 hanno ricevuto la seconda dose del BNT162b2/Tozinameran (nome commerciale Comirnaty) a 3 settimane dalla prima e 73 a 12 settimane (3 mesi). Alcuni sono stati esclusi dallo studio poiché è stato dimostrato che avevano avuto una precedente infezione naturale da coronavirus SARS-CoV-2, che com'è noto può aumentare in modo significativo la risposta anticorpale già dopo la prima dose (tanto che alcuni esperti suggeriscono che possa bastare un'unica dose per i pazienti infettati).
Gli scienziati, coordinati dall'esperta di clinica Helen Parry e dall'ematologo Paul Moss, hanno sottoposto a test sierologici i campioni di sangue dei partecipanti, determinando che coloro che avevano ricevuto la seconda dose ritardata hanno mostrato una concentrazione di anticorpi fino a 3,5 volte superiore rispetto al gruppo delle tre settimane, ovvero 4.030 U / ml contro 1.138 U / ml. Poiché si ritiene che i livelli di anticorpi neutralizzanti giochino un ruolo fondamentale nella protezione dalla COVID-19, questi risultati suggeriscono che ritardare la seconda dose del vaccino possa essere una strategia vincente, permettendo al contempo di proteggere – almeno parzialmente – un numero maggiore di persone. “I vaccini contro il SARS-CoV-2 sono stati straordinariamente efficaci nel fornire protezione su larga scala contro infezioni e malattie sintomatiche – ma rimangono molte domande riguardo alla loro somministrazione ideale per garantire un'immunità effettiva e duratura”, ha dichiarato in un comunicato stampa la professoressa Parry. “Questa è la prima volta che vengono studiate le risposte anticorpali e cellulari quando il secondo vaccino viene somministrato dopo un intervallo prolungato. Il nostro studio dimostra che le risposte anticorpali dopo la seconda dose di vaccino Pfizer sono notevolmente migliorate nelle persone anziane quando questo viene ritardato a 12 settimane”, ha aggiunto la scienziata.
Nonostante l'incremento della risposta anticorpale, gli scienziati hanno però osservato una diminuzione della risposta immunitaria cellulare, quella che coinvolge le cellule/linfociti T, che attaccano le cellule infettate dal virus. A 2-3 settimane di distanza dalla seconda dose, nel gruppo del richiamo a 3 settimane il 60 percento presentava una risposta cellulare, ma la percentuale è crollata al 15 percento dopo 8-9 settimane. Nel gruppo della seconda dose a 12 settimane, la risposta a cellulare era osservabile nell'8 percento dei pazienti a 5-6 settimane dalla prima dose, ma è salita al 31 percento 2-3 settimane dopo la seconda dose. Questi dati andranno valutati a fondo prima di poter determinare con certezza se posticipare la seconda dose possa essere davvero a soluzione migliore. La ricerca al momento è stata diffusa solo come preprint ma è in via di pubblicazione su una autorevole rivista scientifica, come sottolineato dall'ANSA.