Rigenerare il cuore dopo un infarto? In futuro, forse, sarà possibile
Il cuore gravemente colpito da un infarto non è in grado di ripararsi da solo: a differenza di quanto accade in animali le cui caratteristiche destano sempre grande sorpresa negli uomini, come le salamandre o alcuni pesci, i mammiferi non posseggono la capacità di riparare i propri tessuti danneggiati, probabilmente persa nel corso della propria evoluzione. Partendo da questa considerazione, un gruppo di ricercatori guidato da Mario Giacca dell'International Centre for Genetic Engineering and Biotechnology (ICGEB) di Trieste ha ipotizzato di riattivare il programma rigenerativo del nostro organo pulsante: i risultati del lavoro sono stati pubblicati dalla rivista Nature.
Studi effettuati in anni recenti, infatti, avevano già osservato nell'uomo una sorta di risposta adattativa "pensata" per l'infarto consistente in una capacità minima di rigenerazione dei cardiomiociti, anche se localizzata in aree non interessate dal trauma. I cardiomiociti, elementi cellulari che compongono il tessuto muscolare cardiaco, cessano quasi del tutto il proprio processo di proliferazione poco dopo la nascita, rendendo di fatto assai limitata la possibilità di riparazione dei tessuti: tuttavia poiché negli adulti i cardiomiociti si rigenerano comunque, anche se in una percentuale annua bassissima, i ricercatori hanno deciso di partire da questo dato per comprendere i possibili meccanismi rigenerativi e, soprattutto, a quale approccio farmacologico ricorrere per incoraggiare e stimolare con maggiore efficacia questo fenomeno.
La chiave di volta è stata individuata in piccole molecole di RNA: in particolare, quaranta specifiche sequenze di microRNA sono state identificate come fortemente capaci di incrementare la divisione, e quindi una maggiore proliferazione, di cardiomiociti nei cuori di ratti e topi adulti. Due di queste sono state poi selezionate per le fasi successive dell'esperimento in vivo sui topi che, pur essendo ancora in una fase iniziale, promette risultati brillanti. Le cavie hanno infatti dimostrato una insperata capacità di recupero in seguito all'inserimento dei due microRNA nei cardiomiociti, con una evidente riparazione del tessuto muscolare e il miglioramento delle funzioni cardiache.
Al lavoro da molti anni sul progetto, il gruppo guidato da Giacca punta a dare inizio alle prime sperimentazioni sull'uomo nei prossimi anni, cercando così di giungere all'obiettivo di un farmaco in grado di svolgere questo lavoro di "ricostruzione dall'interno". Purtroppo i tempi sperimentali richiedono accuratezza e lentezza ragion per cui, perché la scoperta possa essere applicata sugli umani, occorreranno ancora molti studi e ricerche che, nella peggiore delle ipotesi, potrebbero anche non portare in alcuna direzione: ma, come spiegato dallo stesso Giacca, in ogni caso si tratterebbe «di un punto scientifico molto importante in quanto dimostra come sia possibile rimettere in moto una cellula adulta».