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Ricco e scorretto, il "principe azzurro" dei tempi moderni

Uno studio pubblicato dall’autorevole rivista PNAS mette in evidenza come a migliori condizioni socioeconomiche corrisponderebbero modalità di comportamento non etiche. Ancora una volta il mito del “principe azzurro” si scontra con una realtà ben diversa.
A cura di Nadia Vitali
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Uno studio pubblicato dall autorevole rivista PNAS mette in evidenza come a migliori condizioni socioeconomiche corrisponderebbero modalità di comportamento non etiche. Ancora una volta il mito del principe azzurro si scontra con la realtà

Che quello del "principe azzurro" fosse un mito ormai caduto in disuso, travolto dai tempi e dal senso pratico che richiede la modernità, era cosa nota; del resto, già all'epoca in cui le fiabe costituivano una modalità di racconto estremamente diffusa che non aveva bisogno della carta stampata ma si tramandava di nonna in nipote, quel signore impavido e passionale, nobile d'animo e di cuore, doveva essere un modello inarrivabile e ben poco seguito (altrimenti, inevitabilmente, la storia dell'umanità avrebbe avuto un corso migliore). Ma che esistesse addirittura una correlazione tra uno status socioeconomico elevato e la maggiore probabilità di comportarsi in maniera scorretta doveva essere, quanto meno, verificato attraverso una accurata indagine che non lasciasse spazio a considerazioni di natura teorica, generale, accusatoria: indagine condotta da un gruppo di studiosi della University of California di Berkeley.

La ricerca sentenzia: più ricco, più scorretto – Attraverso l'analisi di una ingente mole di dati raccolti nell'ambito di sette studi, i ricercatori avrebbero rilevato statisticamente come ad una maggiore ricchezza e migliore posizione sociale corrispondano comportamenti sempre meno in linea con l'etica e la correttezza. I primi due studi hanno messo in luce come gli individui appartenenti alle classi sociali più alte manifestassero una spiccata tendenza ad infrangere le regole del codice della strada. I test successivi si sono svolti tramite questionari nel quali veniva chiesto ai volontari di compiere scelte ipotetiche manifestando così la propria tendenza a scegliere «secondo etica»; le persone che vantavano uno status sociale più elevato, secondo i ricercatori che hanno pubblicato i risultati del proprio lavoro sull'autorevole rivista PNAS, mentirebbero con maggiore noncuranza nel corso di una trattativa, approverebbero un contegno scorretto nell'ambito lavorativo, barerebbero pur di potersi aggiudicare un premio.

Il legame tra i due fattori – Secondo gli studiosi, le ragioni di questa correlazione sarebbero da ricercarsi principalmente nelle maggiori possibilità fornite alle persone che godono di maggiori privilegi: indipendenza e libertà, unite alla consapevolezza di correre meno rischi rispetto alle persone più povere, predisporrebbero a sviluppare una condotta più egoistica e meno attenta alle esigenze altrui? Questa è la tesi dei ricercatori che, tuttavia, si scontra con un'altra ipotesi, quella secondo la quale le risorse più scarse e le maggiori minacce a cui sono sottoposti gli individui delle classi più basse favorirebbero atteggiamenti aggressivi e dunque meno etici. Volontà di affermazione del sé, insomma, contro volontà di riscatto; ma forse è importante sottolineare come, per quanto la società condizioni fortemente comportamenti dei soggetti, la scelta finale spetta al singolo. E se questa società un'etica la propone, seppur sempre più lontana e flebile, la decisione di essere più o meno corretti starà sempre dell'individuo.

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