Questo farmaco Covid blocca il virus modificando il suo RNA
Il farmaco orale molnupiravir potrebbe diventare la prima pillola anti Covid in grado di bloccare l’infezione ai primi sintomi della malattia. Gli Stati Uniti si sono recentemente assicurati 1,7 milioni di dosi di questo candidato antivirale che, sulla base di studi clinici preliminari, ha mostrato di essere altamente efficace contro Sars-Cov-2. Attualmente in fase 3 di sperimentazione (quella più avanzata), il farmaco ha il potenziale per diventare un vero e proprio “game changer” nella pandemia di Covid, nonostante sia stato originariamente sviluppato per curare l’influenza. Questa versatilità, che potrebbe permettere al farmaco di essere utilizzato per un ampio spettro di malattie virali, sembra derivare direttamente dal suo meccanismo d’azione, come indicato dai ricercatori del Max Planck Institute di Chimica biofisica di Gottinga e dell’Università di Würzburg, in Germania, che hanno rivelato il suo funzionamento a livello molecolare.
Rispetto al remdesivir, che lo scorso anno è diventato il primo antivirale ad essere autorizzato per il trattamento di Covid-19, anche se diversi studi hanno poi messo in discussione la sua efficacia, tra cui un lavoro dello stesso Max Planck Institute che ha mostrato perché questo inibitore dell’RNA polimerasi virale (l’enzima responsabile della replicazione del virus) ha un’azione piuttosto debole su Sars-Cov-2, il candidato molnupiravir agisce in due fasi senza interferire direttamente con la RNA polimerasi.
Le mutazioni nell'RNA fermano il virus
“Molnupiravir – spiegano i ricercatori – viene attivato attraverso la metabolizzazione nel corpo. Quando entra nella cellula, viene convertito in mattoni simili a quelli dell’RNA che, nella prima fase, l’enzima RNA polimerasi incorpora nel genoma del virus. Nella seconda fase, gli elementi costitutivi simili all'RNA si connettono con gli elementi costitutivi del materiale genetico virale”.
Questo meccanismo molecolare implica che quando l’RNA virale viene replicato per produrre nuovi virus, il genoma contiene numerosi errori, le cosiddette mutazioni. “Di conseguenza, l’agente patogeno non può riprodursi – ha precisato Florian Kabinger, dottorando dell’Istituto Max Planck e primo autore della ricerca.
Questo meccanismo di mutagenesi in due fasi, descritto nel dettaglio dai ricercatori in uno studio pubblicato su Nature, potrebbe essere innescato anche in altri virus a RNA, impedendo loro di diffondersi ulteriormente. “Il molnupiravir ha un grande potenziale – ha affermato Claudia Höbartner, professoressa di chimica all’Università di Würzburg e co-autrice principale dello studio – . Potrebbe essere potenzialmente usato per trattare un intero spettro di malattie virali”.
Se la sperimentazione clinica di fase 3 – i cui risultati dovrebbero essere disponibili tra settembre e ottobre 2021 – confermerà l’efficacia e la sicurezza del farmaco, il molnupiravir potrebbe essere approvato entro la fine dell’anno, diventando un trattamento in grado di integrare l’azione dei vaccini anti-Covid, che spesso non proteggono le persone immunodepresse e rischiano di perdere efficacia con l’emergere di nuove varianti virali.