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Covid 19

Quanto sopravvive il coronavirus sulle diverse superfici? Lo svela uno studio italiano

A incidere sono le condizioni di temperatura e umidità dell’aria, la dimensione delle goccioline di saliva, la concentrazione di sali e delle altre sostanze o molecole intrappolate nelle goccioline e le proprietà del materiale: “Su superfici più idrofile, come il vetro, il tempo di sopravvivenza è minore”.
A cura di Valeria Aiello
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Una delle sfide nello sviluppo di soluzioni anti-Covid è la comprensione dei parametri che incidono sulla sopravvivenza del virus sulle diverse superfici. Sulla questione, diversi studi hanno determinato il tempo di resistenza nelle goccioline di saliva (droplet e aerosol) che vengono emesse quando parliamo, cantiamo, facciamo un colpo di tosse, uno starnuto o semplicemente respirando, e che in parte finiscono per depositarsi sugli oggetti. Un gruppo di ricerca italiano ha però voluto analizzare nel dettaglio da cosa dipende la vitalità virale, fornendo una spiegazione chiara del ruolo svolto dalle condizioni ambientali e dalle caratteristiche dei diversi materiali.

La sopravvivenza del coronavirus sulle superfici

L’analisi, che ha coinvolto i ricercatori dell’Università di Trento e dell’Università di Napoli “Federico II”, ha messo in evidenza l’esistenza di un legame tra la sopravvivenza del virus e la capacità della una gocciolina di saliva di bagnare una superficie, osservando che l’interazione tra le condizioni di temperatura e umidità dell’aria, la dimensione e la concentrazione iniziale di sale iniziale e altre sostanze o molecole intrappolate nella gocciolina nonché le proprietà superficiali incidono sulla persistenza del virus e sul suo potenziale di contagiosità. “In particolare – indicano gli studiosi – la sopravvivenza di alcuni virus ha un andamento a “U” rispetto all’umidità relativa, con un picco di mortalità a umidità intermedie e che aumenta al crescere delle temperatura”.

A condizionare il processo di evaporazione delle goccioline di saliva sono dunque le condizioni ambientali che ne determinano la storia chimico-fisica. “Essendo la saliva un liquido complesso, in cui sono presenti sostanze non volatili come sali, biomolecole e proteine, il processo evaporativo dell’acqua di cui sono composte le goccioline modifica la concentrazione di tali sostanze e il livello di acidità del microambiente del virus, pregiudicandone la sua attività oppure prolungandone la vitalità – spiegano gli studiosi – . Vari virus, tra cui i coronavirus, possono sopravvivere diverse ore o anche giorni nelle goccioline depositate”.

I risultati dell’indagine, pubblicati nel dettaglio in uno studio su Frontiers in Materials, indicano inoltre che la sopravvivenza del virus aumenta con l’angolo di contatto della superficie su cui si deposita la gocciolina, concorrendo a decidere il destino del virus. “Dal lavoro scientifico – concludono gli autori – emerge per la prima volta una descrizione chiara del meccanismo che porta a una maggiore mortalità dei virus a umidità intermedie, la predizione del tempo di sopravvivenza di alcuni virus assimilabili ai coronavirus e vengono inoltre fornite alcune formule matematiche che consentono di legare la sopravvivenza del virus nelle goccioline di saliva che si depositano sulle superfici con la bagnabilità delle stesse tramite un parametro che caratterizza i diversi materiali, chiamato “angolo di contatto”. Questo suggerisce un minor tempo di sopravvivenza su superfici più idrofile (come il vetro) rispetto a quelle meno idrofile (come alcune plastiche), confermando i dati alcuni esperimenti riportati nella letteratura scientifica”.

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