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Quanto cibo sprechiamo ancora?

Il 5 febbraio in Italia si celebra la giornata dedicata alla prevenzione dello spreco alimentare: una buona occasione per fare il punto sulla situazione e sensibilizzare sul tema.
A cura di Nadia Vitali
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Nonostante la crisi economica stia abituando una parte sempre più consistente di italiani a guardarsi con attenzione tasche e portafogli, siamo ancora molto lontani dall'affermare che lo spreco alimentare sia ormai il ricordo di un passato di ricchezza che, benché rimpianto, aveva senza dubbio le sue zone d'ombra. E così, mercoledì 5 febbraio, si celebra la prima Giornata dedicata alla prevenzione dello spreco alimentare in Italia, istituita dal Ministero dell’Ambiente non soltanto allo scopo di recuperare tutto quel cibo finito troppo frettolosamente in pattumiera, ma anche di educare alla prevenzione.

Proprio come misura ormai necessaria e non più rinviabile è stato istituito un piano nazionale di prevenzione dello spreco alimentare, abbreviato in PINPAS: un progetto a medio e lungo termine con l'ambizioso obiettivo di dimezzare gli sprechi totali entro il prossimo decennio, tagliando di conseguenza quello sperpero pari a quasi 9 miliardi di euro annui, che equivale a due etti di cibo nella spazzatura per ogni famiglia. Indispensabile sarà anche il confronto, nazionale e internazionale, sulle cause principali degli sprechi alimentari lungo tutta la filiera e sulle misure concrete studiate e messe in atto da ciascun singolo Paese o in collaborazione. Obiettivo ultimo sarà l'istituzione in futuro di un Anno Europeo contro lo spreco alimentare.

Il problema dello spreco non riguarda solo strettamente il cibo che finisce nella spazzatura: all'origine degli alimenti che buttiamo nel cestino ogni anno in Italia, infatti, ci sono fino a 1.226 milioni di metri cubi di acqua, 24,5 milioni di tonnellate di CO2e e il 36% dell’azoto da fertilizzanti, utilizzati inutilmente con tutti gli impatti e i costi ambientali che ne conseguono: questo è quanto emerge dal rapporto Quanta natura sprechiamo presentato ad ottobre dello scorso anno dal WWF. Lo spreco, dunque, finisce per diventare un'arma contro la biodiversità, troppo spesso aggredita o minacciata per avere accesso a risorse delle quali non abbiamo granché bisogno. Naturalmente non soltanto le quantità di quello che sprechiamo ma anche la qualità hanno un peso differente: ad esempio, un chilo di carne costa all'ambiente 10 volte la quantità di gas serra e di azoto reattivo richiesti per la produzione di un chilo di pasta; inoltre lo spreco di un chilo di manzo significa 594 litri di oro blu buttati a fronte dei 15 litri serviti per lo stesso quantitativo di pasta. Ne consegue che, anche se i cereali rappresentano il 35% della massa di cibo tipicamente sprecato, mentre la carne, più cara e pregiata, "solo" il 12%, gli impatti ambientali per entrambe le tipologie di alimenti sono analogamente elevati.

La responsabilità di questo spreco è senza dubbio dei consumatori, i quali aggravano mediamente i propri bilanci familiari di 316 € euro l’anno in più per cibo che non viene consumato, vuoi per negligenza o per disattenzione; ma una buona parte della colpa (stimata in quasi il 50% delle perdite totali) sta anche nello stesso sistema produttivo che troppo spesso sciupa risorse lungo la filiera, ben prima che il cibo sia giunto sulle nostre tavole. Questo evidenzia, caso mai ce ne fosse bisogno, come il problema sia di un interesse che va ben oltre le cucine di ciascuno di noi e necessiti di un piano nazionale e sovranazionale che fronteggi quella che è già di fatto un'emergenza. Il ministro dell'ambiente ha spiegato per l'occasione:

Questa Giornata deve essere l'inizio di un percorso perché è necessario che cresca la consapevolezza all'interno delle scuole e delle comunità. La mancata gestione del cibo diventa rifiuto, con enorme spreco di risorse naturali, perché per produrre una mela o un pezzo di pane si muovono mezzi e si usano concimi, acqua e suolo e poi tutto questo si rovescia nel suo contrario cioè in un rifiuto

Il tema dello spreco alimentare è sempre più presente nei dibattiti e non a caso è stato è stato al centro della giornata mondiale dell'ambiente, lo scorso 5 giugno, promossa dalle Nazioni Unite; evidentemente, però, è anche sempre meno oggetto di attenzioni concrete. Basti pensare ai dati della FAO che hanno già sottolineato in passato come ogni anno nel mondo si buttino via 1,3 miliardi di tonnellate di avanzi, ossia un terzo di tutto il cibo prodotto: pari a quattro volte quanto servirebbe a nutrire quasi un miliardo di persone che soffrono la fame. Tradotte in denaro le perdite ammontano a quasi 680 miliardi di dollari nei Paesi industrializzati e a circa 310 miliardi di dollari per quelli in via di sviluppo: in questi ultimi sono soprattutto le carenze nei sistemi di produzione, trasporto ed infrastrutturali in generale a causare lo sperpero. Forse, prima ancora che siano i devastanti effetti della crisi economica ad occuparsi del problema, sarebbe bene partire dal basso, educando i più giovani e sperando che, in un futuro non troppo lontano, non si debba più sentir parlare di sprechi alimentari.

Manifesto realizzato dai giovani salentini promotori del progetto "Dieta Med - Italiana" e "Cultura del Buon Cibo"
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