Quando si accende la genialità
La storia dell'umanità è ricca di istanti irripetibili in cui la lampadina dell'intuizione si è accesa nella mente del genio: dalla leggenda di Isaac Newton accomodato sotto un melo e colpito da un frutto alla testa, alle decine di aneddoti relativi ad Albert Einstein e alla sua intelligenza sempre attiva, anche in quei momenti in cui non si dedicava a formule, numeri e scoperte. Risalendo indietro nel tempo e giungendo fino ad Archimede, colui che per primo esclamò, nella sua lingua, «éureka!» («ho trovato!»): travolto dall'entusiasmo per aver osservato come il proprio corpo «immerso in un fluido» provocasse l'innalzamento del livello dell'acqua, uscì improvvisamente dalla vasca, dove stava facendo un bagno rilassante, colpito dalla folgore dell'idea geniale. Racconti forse ispirati ad eventi realmente accaduti, magari in qualche caso frutto di un sapiente ricamo che ha intessuto il tempo e il fascino con cui si guarda alle vite di coloro i quali ebbero in sorte una mente superiore: ad ogni modo, secondo alcuni studiosi, assolutamente probabili, considerando le modalità secondo le quali opera il nostro cervello.
Mind-Wandering, ovvero far vagare i pensieri senza soffermarsi troppo – Se diversi sono gli studi che hanno dimostrato come un po' di ozio sia indispensabile per apprendere meglio e, soprattutto, come il sonno svolga un ruolo fondamentale nei meccanismi di fissazione di nozioni e ricordi, l'ultimo esperimento condotto da alcuni psicologi della University of California di Santa Barbara ha posto l'accento sull'importanza di un sano momento di riposo per il cervello: la creatività risulterebbe fortemente incoraggiata da attività che inducono la mente a vagare rapidamente da un pensiero all'altro. Su un articolo recentemente pubblicato dalla prestigiosa rivista scientifica Nature sono riportati i dettagli di uno studio condotto su un campione di 145 studenti ai quali era stato affidato «l'insolito compito» di elencare in due minuti tutti i possibili utilizzi di oggetti di uso comune. Scaduto il tempo, ai partecipanti è stata concessa una pausa di dodici minuti durante la quale molti hanno semplicemente riposato, alcuni si sono messi all'opera con attività che richiedevano un discreto sforzo da parte della memoria, altri non hanno fatto alcuna interruzione; un quarto gruppo si è occupato di compiti che, viceversa, favorivano la distrazione e l'errare dei pensieri. Proprio questi ultimi, al ritorno ai compiti «insoliti», hanno dato prova di un notevole miglioramento nella propria performance stimabile intorno ad una media del 41%.
Creatività e concentrazione – Facile concludere, erroneamente, con la frase di rito da scolaro medio secondo la quale il massimo rendimento si raggiungerebbe soltanto con uno scarso impegno. Per la verità, le cose non sono esattamente così: «La spiegazione sta nel fatto che il mind-wandering sarebbe solo un aiuto per problemi sui quali si è già riflettuto. Non sembra portare ad un incremento generale nelle capacità di problem-solving» ha spiegato Benjamin Baird che, assieme a Jonathan Schooler, ha guidato il gruppo di ricercatori. L'esperienza del mind-wandering, attraverso la quale i pensieri non rimangono ancorati ad un singolo argomento per un arco di tempo troppo prolungato, può dunque fornire un valido supporto a quanti, già padroneggiando un tema in maniera sicura, necessitano di quella «scintilla» di creatività che accenda finalmente l'idea geniale: come sovente è accaduto nella storia dell'umanità, grazie al contributo di quelle menti che, grazie ad un'illuminazione, hanno saputo guardare più lontano degli altri, lasciando talvolta un contributo indispensabile alla nostra evoluzione. E come, molto più in piccolo, può accadere alla creatività di ciascuno, magari applicata in compiti che si conoscono e padroneggiano con destrezza.