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Quando le streghe bruciavano sul rogo (altro che dolcetto o scherzetto)

Per secoli la “diversità” ha avuto il volto della stregoneria e a pagarne le conseguenze sono state vittime innocenti.
A cura di Nadia Vitali
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Tempo di Halloween, tempo di streghe. E anche se la festa neo-pagana risulta indigesta ai più, basterà aspettare poche ore per veder sciamare lungo le strade decine di bambini (e non solo) muniti di travestimenti inquietanti o semplicemente divertenti. Per fronteggiare degnamente l'orda di bambine scopa-munite che ci aspetta, sarebbe interessante tentare di rintracciare le radici di una festa arcaica ed affascinante, ormai soffocata sotto quintali di consumismo e dolcetti confezionati: ma l'operazione risulta un po' complessa, almeno quanto cercare di ricordare cosa significavano le feste sacre presso le nostre latitudini fino a pochi decenni fa e in cosa si sono trasformate con la società contemporanea. Tuttavia non è tempo sprecato, in questi anni in cui l'intolleranza ha delle forme moderne ma una sostanza antichissima, narrare qualcosa a proposito delle "streghe", protagoniste mute e sofferenti di secoli di storia in cui il pregiudizio aveva volti diversi ma identica ferocia: affinché quella maschera di "donna dai poteri magici" non sia più soltanto vuota come una zucca di Halloween, ma viva testimonianza di un passato da non dimenticare. Ecco quindi alcune tra le più inquietanti storie "da brividi" di streghe.

Anche Medea fu una maga
Anche Medea fu una maga

La capostipite

Come ogni "prima" che si rispetti, Angéle de la Barthe è una figura semi-leggendaria: forse è per questo che la sua storia può essere considerata una sorta di archetipo mitico di tutte le "streghe" che avrebbero subito una sorte infelice nei secoli successivi. Di maghe, in verità, abbondano le tradizioni delle antiche civiltà che ci hanno precedute: basti pensare al mondo greco, con Circe e Medea, per avere un'idea del timore spesso suscitato negli uomini da queste figure femminili, capaci di soggiogare le forze della natura e gli individui alle proprie volontà. Tuttavia l'idea di strega nel nostro immaginario occidentale e moderno è indissolubilmente legato a concetti come il Medioevo, la persecuzione, il rapporto con le entità demoniache: in questo senso Angéle de la Barthe costituisce dunque una capostipite poiché viene ricordata come la prima vittima condannata al rogo per stregoneria, nel 1275. Francese di Tolosa, la donna venne accusata dal capo del tribunale dell'Inquisizione locale di avere avuto dei rapporti sessuali con il diavolo che avrebbero causato la nascita di una creatura mostruosa, con la testa di lupo e la coda di serpente, la quale necessitava di bambini per pascersi che le venivano forniti dalla stessa Angéle. Processata, fu ritenuta colpevole e condannata al rogo: per la verità, non esistendo alcun atto o cronaca dei fatti che sia precedente al XV secolo, si ritiene ormai comunemente che la leggenda abbia avuto un'origine postuma. Tuttavia, non erano mancati nei secoli successivi a quello in cui visse Angéle de la Barthe episodi che poterono fornire ispirazione per la nascita di storie oscure come questa.

L'accusa rivolta alle streghe spesso era quella di aver avuto rapporti con il diavolo sotto forma di capra
L'accusa rivolta alle streghe spesso era quella di aver avuto rapporti con il diavolo sotto forma di capra

«Portami al noce di Benevento»

Contrariamente a ciò che generalmente si ritiene, la vera e propria "caccia alle streghe" fu un fenomeno non medioevale ma che caratterizzò il sorgere dell'età moderna, a partire dalla prima età umanistica e per diversi secoli successivi. Inoltre, stando a quanto è possibile acquisire attraverso la documentazione relativa agli atti processuali, l'Italia visse la persecuzione in maniera limitata rispetto ad altri Paesi del continente europeo. La gran parte dei roghi di cui si abbia testimonianza vennero disposti in Italia settentrionale nel ‘500, ma al sud c'era un centro che vantava una leggendaria tradizione di streghe che, effettivamente, affondava le proprie radici in epoche più remote, secondo alcuni addirittura all'età in cui Benevento era capitale del ducato longobardo e quel che restava di una religione pagana ormai già convertita al cristianesimo venne portato nella città meridionale. Rintracciare le origini della leggenda sarebbe forse troppo complesso: quel che si sa è che a partire dal XIII secolo Benevento divenne la città delle streghe le quali, secondo le testimonianze processuali, si riunivano sotto un noce. Pare che in un'occasione vennero ritrovate delle ossa proprio sotto ad un albero, residui di quei banchetti satanici dove le donne partecipavano ad orge con creature demoniache sotto forma di bestie: in ogni caso la scarsezza dei verbali non aiuta a ricostruire con accuratezza quali furono gli effetti della leggenda sulla vita dell'epoca. Tuttavia sappiamo che la leggenda delle streghe era ben radicata nel tessuto culturale e tradizionale della città: oltre alle janare – nomi con cui si indicavano le streghe nella credenza popolare – c'era anche la zucculara che infestava il teatro romano.

La Voisin

Essere una strega, nell'età della caccia, poteva significare tante cose: ad essere additate, processate, spesso penosamente torturate e giustiziate, erano donne per lo più appartenenti a classi sociali non elevate, magari vedove o prostitute, oppure levatrici o esperte in rimedi farmacologici a base di erbe. Catherine Deshayes, detta La Voisin, era effettivamente una vedova ma ebbe rapporti con la più alta aristocrazia francese. A quarant'anni, nel 1680, morì arsa viva dopo esser stata processata e giudicata assieme a decine di presunti complici nell'ambito del cosiddetto "affare dei veleni", scandalo che coinvolse diversi membri della nobiltà che ruotava attorno alla corte di Luigi XIV. La Voisin venne coinvolta in quanto preparatrice di pozioni ma, nel corso del processo, emerse un orribile quadro di messe nere e sacrifici di bambini officiati da sacerdoti cristiani, oltre a profanazione di ostie. Coinvolta nell'affare fu anche la Marchesa di Montespan, un tempo favorita del Re, poi sostituita da un'altra donna: la Voisin aveva preparato dei filtri d'amore e disposto magie su richiesta della nobildonna per riconquistare il cuore e il letto del monarca, evidentemente invano; tuttavia l'amicizia le tornò utile per salvarsi dal coinvolgimento nel processo.

La morte sul rogo era la più frequente per le streghe
La morte sul rogo era la più frequente per le streghe

Processo alla città

A differenza di quanto accaduto nel caso della Voisin, quando ci si trovò di fronte a dei veri criminali, nella maggioranza dei processi di stregoneria appare con evidenza l'elemento del coinvolgimento di innocenti che, sovente, preferivano auto-accusarsi piuttosto che morire a causa delle terribili torture inflitte durante quelli che erano gli interrogatori del tempo. Emblematico in tal senso è il caso avvenuto nel villaggio di Salem alla fine del XVII secolo, forse uno dei più celebri casi di persecuzione che coinvolse centinaia di persone in diversi centri urbani nella contea di Essex nel Massachusetts. Le prime accuse vennero mosse da due giovani ragazze, rispettivamente figlia e nipote del pastore protestante della comunità di Salem; gli strani comportamenti delle fanciulle spinsero alcuni ad interpretare i "sintomi", inspiegabili per i medici, come frutto del malocchio. Incalzate assieme ad altre giovani a rivelare i nomi, indicarono inizialmente una mendicante (probabilmente insana di mente) ed una donna inferma: ai primi arresti ed interrogatori seguirono settimane di isteria collettiva che portarono al coinvolgimento di diversi centri urbani nei pressi di Salem, con le accuse che si moltiplicarono e le condanne per stregoneria e relative esecuzioni che arrivarono a 19 a cui va aggiunta una morte in più dovuta alle torture subite ad uno dei processati. Superfluo dire che alcuna prova venne mai portata per giustificare tale assurda e feroce esplosione di violenza; durante il processo non mancarono episodi di brutale aggressione contro una delle accusate poiché le ragazze sostenevano di provare dolore fisico quando la donna sotto interrogatorio si mordeva le labbra.

L'ultima delle streghe

Molti dei registri che riportavano i dati relativi alla caccia alle streghe vennero distrutti, in particolar modo in Italia: in linea generale, comunque, si stima che si tennero oltre 100.000 processi, soprattutto tra il XV ed il XVII secolo, in tutti i Paesi d'Europa, con una diffusa prevalenza di vittime di sesso femminile. I dati, tuttavia, restano approssimativi a causa di forti lacune relative soprattutto a specifiche aree territoriali. Quel che invece è fuor di dubbio è come il pregiudizio e la superstizione furono i principali motori di una persecuzione di cui furono vittime persone indifese e di scarso peso sociale, torturate ed arse vive spesso sulla base di delazioni, talvolta estorte da altre persone attraverso inimmaginabili supplizi. Per lo più furono additate come "streghe" povere emarginate, oppure levatrici e guaritrici che nella realtà contadina spesso costituivano la sola figura vagamente similare ad un medico, in grado di aiutare i membri della comunità. Il pregiudizio, come spesso accade, iniziò ad avvalersi dei simboli più banali. A chiudere questa orribile tradizione in Europa fu Anna Göldi, decapitata nel 1782 a Glarona, in Svizzera. Nata da una famiglia un tempo ricca ma caduta in estrema povertà, lavorò come serva subendo una prima condanna per infanticidio in seguito alla morte del figlio avuto da un uomo che l'aveva abbandonata. Fu accusata dalla famiglia da cui era a servizio di aver lanciato il malocchio sulla figlia di sette anni: fino alla fine del processo, e delle torture subite, si dichiarò innocente. Questo non le fu sufficiente a salvarsi dalla pena capitale: ultima sacrificata all'altare della superstizione, in quella che fu una vera strage portata avanti per secoli sotto la bandiera della religione.

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