Quando la pandemia sarà finita è improbabile che il coronavirus scompaia completamente
Sars-Cov-2 non sarà eradicato ma potrebbe diventare una presenza costante, continuando a circolare nella popolazione anche se, presto o tardi, finirà per diventare come uno dei coronavirus che causano il raffreddore. È questo lo scenario ipotizzato dalla maggior parte degli immunologi, ricercatori di malattie infettive e virologi che studiano l’evoluzione della pandemia di Covid-19 e l’impatto dei vaccini nella popolazione. In sostanza, il futuro dipenderà fortemente da due fattori, ovvero dal tipo di immunità conferita dalla vaccinazione e dal modo in cui il virus deciderà di evolvere nel tempo.
Diventerà un virus endemico
Un sondaggio pubblicato su Nature ha indicato che oltre il 90% degli esperti considera “improbabile” che Sars-Cov-2 scompaia completamente, sebbene l’impatto in termini di decessi e carico di malattia diminuirà perché una parte della popolazione avrà acquisito una certa protezione. Tuttavia, un terzo degli intervistati ritiene che sarà possibile debellare il virus da alcune regioni del mondo, anche se con un rischio di future epidemie di Covid-19 che potranno però essere controllate rapidamente o soffocate dall’immunità di gregge. “Immagino che Covid-19 sarà eliminato da alcuni Paesi, anche se con la possibilità continua (e forse stagionale) di reintroduzione dai luoghi in cui la copertura vaccinale e le misure di salute pubblica non saranno sufficienti” ha affermato Christopher Dye, epidemiologo presso l’Università di Oxford, nel Regno Unito.
Avere certezze su questa pandemia è difficile ma “è probabile che il virus diventi endemico” ha affermato Angela Rasmussen, virologa della Georgetown University di Steattle, a Washington. Questo perché gli scienziati considerano possibile che Sars-Cov-2 si comporti come altri quattro coronavirus endemici che causano il raffreddore, chiamati OC43, 229E, NL63 e HKU1, di cui almeno tre infettano gli umani da centinaia di anni e due sono responsabili di circa il 15% delle infezioni respiratorie. Su questa base di queste assunzioni, Jennie Lavine, ricercatrice di malattie infettive presso la Emory University di Atlanta, in Georgia, e i suoi colleghi hanno sviluppato un modello che mostra come la maggior parte dei bambini che contrae questi virus prima dei 6 anni sviluppi un certo grado di immunità nei loro confronti. Questa difesa però svanisce abbastanza rapidamente, pertanto non è sufficiente a bloccare completamente la reinfezione, anche se sembra proteggere gli adulti dalla malattia.
Ad oggi, non è ancora chiaro se l’immunità a Sars-Cov-2 si comporterà allo stesso modo. Un crescente numero di studi su pazienti Covid-19 suggerisce che i loro livelli di anticorpi neutralizzanti, ovvero quelli che aiutano a bloccare la reinfezione, iniziano a diminuire dopo circa sei-otto mesi. Ma, oltre a questa risposta anticorpale, l’infezione induce anche una risposta cellulo-mediata, compresa la produzione di cellule B della memoria, che hanno capacità di “ricordare” il precedente contatto con il patogeno e di reagire prontamente nel caso si verifichi una nuova infezione. “E anche di cellule T che possono eliminare le cellule infettate dal virus” ha precisato Daniela Weiskopf, ricercatrice presso l'Istituto di Immunologia di La Jolla, in California, coautrice di uno studio pubblicato su Science.
La minaccia delle nuove varianti
Resta da stabilire se questa memoria immunitaria sarà in grado di bloccare la reinfezione. L’esperienza maturata con questa pandemia (l’esempio di Manaus, in Brasile, la dice lunga) ha indicato che si sono registrati casi di reinfezione e che le nuove varianti possono renderle più probabili. D’altra parte i vaccini stanno dimostrando di prevenire non solo la malattia ma anche la trasmissione del virus, contribuendo all’instaurarsi di un’immunità di gregge almeno temporanea. La possibilità che Sars-Cov-2 possa evolvere nella direzione di eludere questa protezione è quindi fattore determinante, come indicato dal 70% dei ricercatori intervistati da Nature.
In uno studio pubblicato su PLOS Pathogens, il team di ricerca guidato da Jesse Bloom, biologo evoluzionista presso il Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle, suggerisce che Sars-Cov-2 potrebbe accumulare mutazioni in grado di “erodere completamente l’immunità degli anticorpi neutralizzanti” come osservato nel caso del coronavirus endemico 229E che si è evoluto in modo che la risposta anticorpale indotta dall’infezione causata dalla variante circolante alla fine degli Anni 80 e inizio degli Anni 90 fosse molto meno efficace contro le varianti più recenti.
In tal senso, gli attuali vaccini anti-Covid dovranno probabilmente essere aggiornati, forse ogni anno. E anche in questo caso, l’immunità indotta dalla vaccinazione o da precedenti infezioni potrebbe non essere esaustiva. Il virus continuerà a circolare, quindi ad esistere ed evolvere, in un percorso difficile da prevedere. Almeno fino a quando ci saranno luoghi del Pianeta dove la diffusione potrà spingere il virus a mutare, facilitando l’emergere di varianti pericolose.