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Prima le mani poi il cuore, così moriamo di freddo: a quali temperature siamo a rischio?

Morire di freddo significa raggiungere temperature corporee che impediscono il normale funzionamento delle funzioni vitali: ecco cosa succede al nostro corpo quando stiamo per morire.
A cura di Zeina Ayache
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Morire di freddo è possibile, come purtroppo ci hanno dimostrato le vittime di questi giorni che a causa del maltempo hanno perso la vita nel nostro Paese: ma cosa accade al nostro corpo quando le temperature scendono di colpo? Quali sono le cose da fare e non fare in caso di vittima di ipotermia? E cos’è l’ipotermia? Vediamo insieme a quanti gradi di calore siamo a rischio e cosa dobbiamo fare e non fare in caso di necessità.

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Cos’è l’ipotermia

L’ipotermia è una condizione clinica che vede la temperatura del paziente abbassarsi sotto un determinato valore che impedisce la regolare attività e che può indurre ad uno stato di quiescenza e, nel peggiore dei casi, a morte. Insomma, quando la temperatura corporea scende troppo, il nostro metabolismo non riesce a mantenersi attivo e, per preservarsi, entra in uno stato di inattività che permette di risparmiare energia. Se da questa condizione però non si riesce ad uscire in tempo utile, sopraggiunge la morte.

Come e a quale temperatura si muore

Per arrivare a parlare di rischio di morte, il calore corporeo deve aver raggiunto i 24 °C circa, a queste temperature il paziente subisce un arresto cardiocircolatorio che porta al blocco dell’attività cerebrale e quindi all’assenza di segni vitali. Questo processo parte però dal ‘congelamento’ delle cellule che, alle basse temperature, non riescono a produrre l’energia necessaria a mantenere l’attività elettrica e che di conseguenza non permettono il regolare funzionamento del nostro corpo. In pratica inizialmente, per proteggere gli organi vitali, il flusso sanguigno si concentra sulla zona centrale del corpo e si riduce quindi alle estremità, prima le dita, poi le mani, le braccia e così via, per questo sentiamo freddo proprio in queste aree. A questo punto, se la temperatura non viene riportata alla normalità, il freddo è destinato a raggiungere anche il cuore e il cervello.

Quali sono i sintomi

Esistono diversi gradi di ipotermia che variano a seconda dei segni clinici e che, per comodità, sono stati associati alle temperature corporee:

  • grado 1, 35-32 °C, i principali sintomi sono tachicardia (accelerazione del battito cardiaco), brividi, vasocostrizione (riduzione del diametro dei vasi sanguigni), sonnolenza e tachipnea (aumento della frequenza respiratoria)
  • grado 2, 32 – 28 °C, i principali sintomi sono aritmia cardiaca (irregolarità del battito cardiaco), bradicardia (ridotta frequenza cardiaca), ipotensione, problemi respiratori, pupille dilatate, riduzione dei riflessi, perdita di coscienza
  • grado 3, 28-24 °C, i principali sintomi sono disturbi cardiaci, incoscienza, difficoltà a rilevare i segnali vitali, oliguria (diminuzione dell’escrezione urinaria)
  • grado 4, sotto i 24 °C, coma e morte

Cosa fare in caso di ipotermia

Intervenire il prima possibile è fondamentale per ridurre i rischi dell’ipotermia, in ogni caso però è sempre meglio evitare il fai da te e contattare immediatamente il pronto intervento.

Nell’attesa del loro arrivo:

  • spostare con cautela (solo se necessario) chi mostra uno stato neurologico alterato
  • utilizzare coperte, indumenti, berretti e guanti per coprire il paziente
  • sdraiarsi accanto al paziente per trasmettergli il nostro calore
  • offrire cibo e bevante calde

Cosa non fare in caso di ipotermia

In caso di ipotermia bisogna evitare di strofinare il paziente nelle zone in cui sente particolarmente freddo, non è vero che gli alcolici aiutano, quindi evitarli, non immergere il corpo in acqua calda (potrebbe portare ad uno shock) ed evitare interventi che non siano necessari

Come si cura

Una volta raggiunta una struttura specializzata, come il pronto soccorso, i medici intervengono sul paziente in modo da riportare la temperatura corporea al suo livello normale. Le pratiche prevedono il riscaldamento passivo (con l’uso di coperte e riscaldamento ambientale) e attivo (con la somministrazione di fluidi caldi o il riscaldamento del sangue stesso con macchine specifiche).

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