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Perché Vega può far decollare l’industria italiana

Il lancio del primo vettore spaziale italiano fissato per il 13 febbraio è non solo un motivo d’orgoglio per la nostra industria aerospaziale, ma un volano di crescita e sviluppo economico in un paese che investe poco nell’innovazione.
A cura di Roberto Paura
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Forse non tutti sanno che lo spazio è un grande business. Si va nello spazio non solo per mettere la bandiera a stelle e strisce sulla Luna, per mandare sonde su Marte o verso pianeti ancora più distanti, ma anche per arrivare giusto un po’ più su delle nostre teste: nell’orbita terrestre, infatti, albergano un’infinità di satelliti di tutti i tipi, senza i quali la nostra vita non sarebbe la stessa. Niente tv satellitare, niente GPS, comunicazioni telefoniche intercontinentali, previsioni meteo e molte altre cose. Servizi che costano all’utente finale, e che fanno guadagnare miliardi alle aziende che li mettono a disposizione. E per mettere a disposizione un servizio dallo spazio, è necessario costruire il satellite e soprattutto metterlo in orbita.

Il prossimo 13 febbraio, incrociando le dita, anche l’Italia potrebbe dimostrare di essere finalmente in grado di accedere allo spazio: sarà infatti lanciato dalla base dell’Agenzia spaziale europea (ESA) di Kourou, in Guyana francese, il primo razzo Vega. Un lanciatore leggero, per mettere in orbita satelliti non troppo pesanti nell’orbita bassa, una capacità che fa gola a molte industrie e paesi anche in via di sviluppo che negli ultimi stanno realizzando in proprio satelliti per le telecomunicazioni e l’osservazione della Terra che aspettano solo un “passaggio in orbita”, preferibilmente low-cost. Vega non sarà impiegato dall’Italia in via esclusiva, ma in seno all’ESA, di cui il nostro paese è membro fondatore. L’ESA allarga così il suo parco lanciatori, fino a oggi costituito dall’Ariane – per i grandi carichi – e dal Soyuz russo.

http://www.youtube.com/watch?v=1vUKQ1ML_EU

Un lanciatore low-cost

“L’obiettivo è avere un lanciatore che costi poco, intorno ai 25 milioni di euro a lancio, rispetto ai circa 100 milioni dell’Ariane”, spiega Marco Girotto di AVIO, l’azienda italiana – con sede a Colleferro, vicino Roma – principale responsabile della realizzazione di Vega. Un razzo che sia insomma competitivo per coloro che intendono mettere in orbita i propri satelliti, tra cui quelli di fabbricazione europea. E i ricavi andrebbero a tutto beneficio del nostro paese. “Alla realizzazione di Vega partecipano 40 aziende in 12 paesi europei, ma il 65% dei costi è stato sostenuto dall’Italia”, sottolinea Girotto. Costi comunque sostenibili: appena 700 milioni di euro complessivamente per tutta la fase di ricerca e sviluppo, di cui 500 milioni pagati dall’Italia. “Il progetto Vega ha rappresentato per l'industria Italiana dei lanciatori un incredibile salto tecnologico”, spiega a Fanpage il professor Marcello Onofri, docente di propulsione aerospaziale alla Sapienza di Roma. “Prima del Vega il gruppo Avio svolgeva essenzialmente un ruolo manifatturiero, finalizzato alla produzione dei booster di propellenti solidi e a specifiche componenti degli apparati propulsivi (turbopompe e simili). Oggi è in grado di progettare e operare l'intero sistema lanciatore, divenendo così assieme alla Astrium franco-tedesca l'unica industria europea capace di coprire questo ruolo. Non dobbiamo mai dimenticare che stiamo parlando di sistemi sofisticatissimi, all'apice delle tecnologie oggi disponibili”.

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Per realizzare queste tecnologie, è stata istituita la ELV – acronimo di European Launch Vehicle -, un’azienda posseduta per il 70% da AVIO e per il restante 30% dall’Agenzia spaziale italiana. ELV è il prime contractor di Vega, ossia l’industria capofila scelta dall’ESA per costruire il lanciatore. Ma il suo quartier generale è nei laboratori di AVIO, a Colleferro, dove al progetto lavorano circa 600 addetti, oltre agli ingegneri dell’Agenzia spaziale italiana e a quelli della Sapienza di Roma. L’industria, infatti, senza la ricerca scientifica di base, non può andare molto lontano. E in questo caso la ricerca viene praticamente da dietro l’angolo: “Molte delle soluzioni tecnologiche di cui è dotato Vega hanno in particolare il ‘marchio’ della Sapienza”, spiega Onofri. “L'idea del Vega è nata nei locali della Sapienza, sul tavolo di lavoro del professor Carlo Buongiorno (purtroppo scomparso 3 mesi fa e che non potrà quindi assistere alla fase finale di questo suo sogno) , ma la Sapienza ha anche fornito a questa avventura un'elevata qualità di formazione e grande preparazione di giovani ingegneri, che sono certo i co-protagonisti di questo progetto”.

Anche AVIO ha molto di cui vantarsi. Fondata in Italia nel 1908, l’azienda è oggi un’importante multinazionale presente in Europa e Nord America, con oltre cinquemila dipendenti di cui 4.500 in Italia. Lo spazio è solo uno dei comparti in cui lavora, ma il fatturato è stellare: 1,75 miliardi di euro lo scorso anno. E Vega rappresenta un’importante opportunità. “Se il lancio di prova andrà bene”, spiega Girotto “potremo ipotizzare per Vega una vita operativa di 25 anni e 3-4 lanci l’anno”. Dunque, molto lavoro e molti guadagni per la nostra industria aerospaziale. “Per ora è previsto un programma di consolidamento del lanciatore che prevede otto lanci, con una cadenza di due l’anno”, chiarisce Marcello Onofri, che è ottimista sulla risposta del mercato: “E' un dato riconosciuto che il segmento di mercato dei piccoli satelliti ha importanti prospettive di crescita, ma ovviamente si dovrà vincere la concorrenza di altri paesi offrendo un prodotto a costo limitato, e di elevata affidabilità”.

Comunque vada, sarà un successo

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Affidabilità è la parola-chiave per ogni sistema spaziale. Se qualcosa va storto, e i satelliti trasportati non entrano nella giusta orbita, chi ci ha messo i soldi non è molto contento. Soprattutto perché si tratta di parecchi soldi. Per questo oggi il lanciatore più impiegato è il Soyuz russo, che nonostante una tecnologia non avanzatissima ha dimostrato di essere estremamente affidabile, portando a termine con successo migliaia di lanci. È vero che negli ultimi mesi questa leggenda aurea sembra essersi incrinata, viste le difficoltà sofferte dai russi nel lanciare verso la Stazione spaziale internazionale gli astronauti che non possono più partire con lo Shuttle americano, ormai dismesso, e il fallimento di Phobos-Grunt, la sonda per Marte che non è riuscita a entrare nella giusta orbita che l’avrebbe portata verso Phobos, una delle due lune del pianeta rosso. Ma si tratta di missioni complesse, molto superiori in termini di difficoltà rispetto a quelle che dovrà portare a termine Vega. “In ultima analisi, anche se molti ricordano che le percentuali di pieno successo di un lancio inaugurale di un lanciatore sono statisticamente basse (inferiori al 50%), occorre ribadire con forza che comunque andrà per l’Italia e per l'apparato scientifico-industriale di questo paese, il progetto Vega sarà sempre da considerare un grande successo”, assicura il professor Onofri.

Per chi desidera dare un segnale di incoraggiamento, AVIO ha messo a disposizione il servizio “Tweet nello spazio”, in collaborazione con il sociale network Twitter: tutti i tweet che comprenderanno l’hashtag #tweetnellospazio verranno proiettati sul vettore Vega. E i tre migliori tweet saranno spediti nello spazio con il lancio del vettore, insieme a Lares, il satellite scientifico tutto italiano per lo studio della gravità. Tantissimi i messaggi d’incoraggiamento: “Non date retta a chi dice che credere di poter volare alto è solo un'illusione… volate invece come il Vega!”, twetta matteolongo11. Mentre margherita56 ammette: “Non ho ancora ben capito di che si tratta ma ho fiducia e speranza!”. E di fiducia ne serve, perché chi lavora nel settore spaziale sa che il minimo errore può far saltare tutto. Ma c’è chi già guarda oltre, alle nuove generazioni di lanciatori, ai nuovi tipo di propulsione, alle future tappe della conquista dello spazio: “Il lancio del primo uomo nello spazio avvenne 51 anni fa”, ragiona Marcello Onofri. “Pensiamo alle differenze che sono intervenute e proiettiamole in un futuro che parte dalle attuali basi tecnologiche. Ogni immaginazione è lecita…”.

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